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I farmaci ACE-inibitori devono essere utilizzati con prudenza in pazienti con sclerodermia (anche conosciuta come sclerosi sistemica). Questo è l’avvertimento lanciato dall’ultimo congresso dell’American College of Rheumatology, secondo il quale il trattamento della crisi renale sclerodermica con ACE-inibitori può raddoppiare il rischio di mortalità.


La crisi renale sclerodermica è una delle complicanze più pericolose della sclerodermia. Si caratterizza per il rapido sviluppo di ipertensione maligna, tipicamente nelle primi fasi del decorso della malattia. Il trattamento delle crisi è migliorato notevolmente proprio grazie all’impiego degli ACE-i, ma alcuni dati clinici hanno indotto la comunità scientifica a sospettare che questi farmaci potessero aumentare il rischio di mortalità dei pazienti sclerodermici.
E’ stata quindi condotta una survey (un tipo di ricerca in cui si fa uso di un questionario formalizzato per la rilevazione dei dati e della statistica per l'analisi dei dati) grazie al quale sono stati coinvolti più di 600 medici e ricercatori.

Come riportato da Pharmastar la survey, coordinata dal Dott. Hudson, ha permesso di identificare 75 pazienti affetti da crisi renale sclerodermica, con un’età media di 52 anni, 16 dei quali erano stati trattati con ACE-i prima dell’insorgenza dell’evento. Le caratteristiche dei pazienti pretrattati e di quelli non trattati erano praticamente simili relativamente alla gravità della malattia, all’insorgenza di eventi cardiovascolari, di anemia o di estese contratture articolari. L’unica eccezione era rappresentata dall’impiego di dosi giornaliere di prednisone che nei pazienti pretrattati con ACE-i erano il doppio rispetto a quelle impiegate nei pazienti non pretrattati (18 vs 9 mg/die).
L’analisi dei dati non corretta per fattori confondenti ha mostrato un hazard ratio di morte nei pazienti pretrattati con ACE-i pari a 1,56 (IC da 0,70 a 3,47) a 12 mesi dall’insorgenza della crisi renale rispetto ai pazienti non trattati. Dopo correzione dei dati, però, l’outcome peggiorava ulteriormente, con un hazard ratio  di morte pressoché raddoppiato

Anche dopo la correzione dei dati in relazione alla dose di prednisone assunta, la mortalità era pressoché raddoppiata nei pazienti esposti a trattamento farmacologico rispetto ai pazienti non esposti, per quanto il dato non fosse statisticamente significativo (HR=1,88; IC 0,82-4,30).

E’ stata condotta, inoltre, un’analisi post-hoc per verificare l’esistenza di un possibile fattore confondente derivante dai valori medi di pressione arteriosa registrati nell’anno precedente l’insorgenza della crisi renale. I risultati hanno mostrato che, indipendentemente dai valori medi pressori di partenza  – peraltro inferiori nel gruppo pretrattato con ACE-i rispetto a quello non trattato (139/85 vs 124/75 mmHg) - l’hazard ratio della mortalità registrato nei pazienti trattati farmacologicamente era ancora una volta il doppio rispetto ai pazienti non trattati, per quanto non statisticamente significativo in ragione dell’elevata dispersione dei  dati (HR=2,17; IC 0,88-5,33).

Lo studio presenta alcune limitazioni di carattere metodologico quali il disegno osservazionale, che si presta a possibili bias di selezione dei pazienti e alla presenza di fattori confondenti residui non identificati. Nel complesso, tuttavia gli autori dello studio suggeriscono grande cautela nell’uso degli ACE-i in pazienti con sclerodermia, in particolare nelle fasi iniziali della malattia, quando il rischio renale è maggiore.

 

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