Sono stati pubblicati ad aprile, a breve distanza l’uno dall’altro, due studi scientifici che lascerebbero ben sperare in nuove strategie terapeutiche nei confronti della Sindrome da X Fragile, malattia rara ma anche la causa ereditaria più comune di ritardo mentale. In entrambe i casi gli occhi dei ricercatori sono puntati sui possibili benefici che potrebbero derivare dall’utilizzo di farmaci già esistenti. Nel primo caso si tratta di un antibiotico, ma Minocliclina, nel secondo di un modulatore del sistema endocannabinoide cerebrale, il Rimonabanta, un tempo utilizzato per la riduzione del peso e poi tolto dal commercio per gli effetti collaterali verificatisi in condizioni di abuso. Da queste due molecole, la cui relativa sicurezza è già stata provata, potrebbe ora venire una speranza per i tanti pazienti affetti da X Fragile: non la promessa di guarigione, certo, ma almeno del miglioramento di alcuni sintomi.
Il primo dei due studi - quello sulla Minocliclina, è stato condotto dai ricercatori dell’UC Davis MIND Institute e sostiene che questo antibiotico offre miglioramenti significativi nella terapia di bambini affetti da Sindrome X Fragile. La scoperta è di notevole importanza perché la Minociclina è facilmente reperibile sotto prescrizione medica.
L’antibiotico Minociclina appartiene alla famiglia delle Tetracicline, come tale agisce inibendo la sintesi proteica attuata dai batteri in caso di infezione ed ha un’azione ad ampio spettro. Ora, secondo quanto riportato dal questo studio, tale antibiotico avrebbe effetti positivi nei confronti di una malattia genetica nota come Sindrome da X Fragile.
Nello studio eseguito 66 bambini con Sindrome da X Fragile sono stati assegnati in modo casuale (studio random) in due gruppi, uno sottoposto a tre mesi di trattamento con Minociclina e uno con un placebo inattivo.
Di questi 66 pazienti 55 hanno completato lo studio e, come valutato anche dai genitori, i bambini che avevano assunto Minociclina mostravano un miglioramento dell'umore mentre altri aspetti, come alcuni problemi di comportamento e di funzionamento verbale, non avevano subito un reale miglioramento.
Gli effetti indesiderati sono stati generalmente simili tra due i gruppi, senza effetti collaterali gravi. "Alcuni bambini hanno risposto molto bene alla Minociclina, altri invece no, quindi ora si stanno studiando i biomarcatori che ci aiuteranno a determinare chi effettivamente risponderà al trattamento" ha detto Randi Hagerman, direttore medico del MIND Institute e autore senior dello studio.
Una riflessione va comunque fatta. A causa della lunga storia di utilizzo della Minociclina nel trattamento di altri disturbi (come l’acne grave) e nella cura di infezioni batteriche, si può riscontrare nei pazienti l’insorgenza di forme di antibiotico-resistenza.
Secondo l’opinione di Maria Jacena Leigh, professore associato presso l'Istituto MIND, questo studio fornirebbe la prova dell'efficacia del principio attivo Minociclina come trattamento mirato per la Sindrome da X Fragile, ma saranno necessari ulteriori studi che abbiano come obiettivo quello di esaminare i benefici e gli effetti collaterali a lungo termine del trattamento, magari in combinazione con altre terapie.
Anche il secondo studio, condotto dai ricercatori dell'Università dei Paesi Baschi e del centro Achucarro di neuroscienze, propone una strategia terapeutica volta a migliorare i sintomi della malattia. La strategia a cui si guarda è la modulazione del sistema endocannabinoide cerebrale.
Secondo Susana Mato, ricercatrice presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università e al centro Achucarro, il fatto che si possa eseguire una manipolazione a livello cerebrale al fine di ottenere un miglioramento dei sintomi della malattia è qualcosa di molto positivo.
La sindrome, infatti, deriva da un deficit nell’espressione della proteina FMRP che svolge un ruolo fondamentale nella regolazione della funzione neuronale. I pazienti con FXS presentano ritardo mentale, deficit di attenzione, ansia, autolesionismi e comportamento autistico, iposensibilità al dolore e un alto tasso di crisi epilettiche e tutte queste espressioni neuronali anomale sono proprio regolate dal sistema endocannabinoide cerebrale.
La ricerca è stata eseguita su topi geneticamente modificati che mancavano della proteina FMRP e che, quindi, riproducevano la sintomatologia tipica della Sindrome da X Fragile degli esseri umani.
I ricercatori hanno dimostrato che bloccando i recettori CB1 dei cannabinoidi (localizzati nel sistema nervoso centrale) con il farmaco Rimonabant, assai più noto per essere utilizzato nella riduzione del peso corporeo, si ottiene una normalizzazione cognitiva, della sensibilità al dolore e nella frequenza delle crisi epilettiche.
“Il farmaco Rimonabant è stato sul mercato per un certo periodo di tempo in quanto veniva utilizzato nel trattamento dell’obesità” ha spiegato la dottoressa Mato. "Poi, però, è stato utilizzato in dosi elevate e questi alti dosaggi hanno dato origine ad alcuni problemi psichiatrici. Questo è il motivo per cui è stato tolto dal mercato. Tuttavia si tratta di un farmaco che è stato molto studiato in relazione al sistema endocannabinoide, nella fase di ricerca preclinica, e il suo meccanismo di azione è molto ben definito" La ricercatrice ha anche sottolineato che il passo successivo dovrebbe essere quello di caratterizzare meglio il meccanismo di azione di questo trattamento e quello di testare i vari dosaggi per individuare quello ottimale per normalizzare il deficit. Il seguente step sarebbe quello di eseguire delle prove cliniche. Questa prospettiva è realmente fattibile perché lo studio preclinico per quanto riguarda la tossicità del farmaco è stato già fatto e Rimonabant è risultato essere relativamente sicuro.
Certamente c’è il rischio che gli studi clinici non producano risultati altrettanto soddisfacenti come quelli ottenuti nei topi ma lo studio rappresenta, comunque, un grande progresso.