Buone notizie per la ricerca sulla sindrome di Rett, una malattia neurologica geneticamente trasmissibile che colpisce quasi sempre le bambine ed è caratterizzata da grave deficit cognitivo. La malattia si manifesta tra il sesto mese di vita e l’anno e mezzo al massimo evolvendosi poi con l’età in modi differenti che vanno dalla scoliosi grave ai disturbi del sonno fino a crisi epilettiche e difficoltà respiratorie. È stato finanziato, grazie ai fondi messi a disposizione con un apposito bando del 2008 dal Ministero della Salute, un progetto di ricerca presentato dal dipartimento di Genetica Medica del Policlinico Santa Maria delle Scotte di Siena.
Il progetto è risultato il terzo su circa 250 progetti presentanti al Ministero e di cui solo 13 sono stati finanziati. Ora 230mila euro saranno investiti nel reparto diretto dalla professoressa Alessandra Renieri, punto di riferimento nazionale e centro di eccellenza per le indagini genetiche su questa grave malattia neurologica. Allo studio collaborerà la Neuropsichiatria Infantile delle Scotte, diretta dal dottor Joussef Hayek, e la Neuropsichiatria Infantile della USL12 di Viareggio, diretta dal dottor Giorgio Pini.
Il progetto, che avrà una durata di 24 mesi, prende l’avvio dall’effettuazione di biopsie cutanee delle pazienti, da cui verranno allestite colture di fibroblasti.
“I fibroblasti - spiega la ricercatrice Francesca Ariani - verranno quindi riprogrammati in vitro in cellule staminali pluripotenti, comparabili alle staminali embrionali”. La tecnologia utilizzata, per la sua complessità, ha richiesto un approfondimento di 8 mesi in Canada da parte della dottoressa Ilaria Meloni, contrattista Telethon presso la Genetica Medica “Queste cellule – spiega la Meloni - verranno quindi indotte a trasformarsi in neuroni, permettendo così di effettuare studi volti a comprendere le differenze nel funzionamento delle cellule malate delle pazienti”. Parallelamente, sulle stesse cellule verranno condotte indagini sullo stress ossidativo, la cui rilevanza nella malattia è stata dimostrata da parte del gruppo della professoressa Lucia Ciccoli, del dipartimento universitario di Fisipatologia, e dal neonatologo Claudio De Felice. “I neuroni ottenuti dalle pazienti – conclude la Renieri - verranno messi a confronto con quelli provenienti da controlli sani per capacità di sopravvivenza, morfologia e funzionalità. Queste indagini consentiranno non solo di caratterizzare le alterazioni neuronali associate alla sindrome di Rett, ma soprattutto saranno di importanza fondamentale per la valutazione dell’efficacia di potenziali strategie terapeutiche”.