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Il sottosegretario Cardinale: "Sono più di settecento gli italiani coinvolti nello studio sul gene C9orf72"

L’interrogazione presentata dall’On. Maria Antonietta Farina Coscioni, sul coinvolgimento dei pazienti italiani nello studio sulla mutazione del gene C9orf72 e la sua incidenza nella SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), ha ottenuto ieri risposta dal sottosegretario di Stato alla salute Adelfio Elio Cardinale.
L’interrogazione n. 5-07107, chiedeva infatti al Governo se lo studio irlandese sul ruolo del gene C9orf72 quale responsabile di una percentuale significativa di casi familiari e sporadici di SLA, avesse analizzato anche casi familiari e sporadici di SLA italiani.


Lo studio in questione è l’articolo Cognitive and clinical characteristics of patients with amyotrophic lateral sclerosis carrying a C9orf72 repeat expansion: a population-based cohort study, pubblicato su The Lancet e riportato dall’Osservatorio Malattie Rare, grazie al quale la stessa Farina Coscioni ha appreso la notizia.

Cardinale ha riferito quanto precisato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS): nello studio sono riportati 3.860 casi di SLA sporadici di cui 594 (15,4 per cento) sono casi italiani, 465 sono casi provenienti dall’Italia (esclusa la Sardegna) e 129 dalla Sardegna (considerata come un isolato genetico).
Nello studio sono, inoltre, riportati 588 casi familiari SLA di cui 109 (18,5  per cento) sono casi italiani, 90 casi provenienti dall’Italia (esclusa la Sardegna) e 19 dalla Sardegna.

Stando dunque ai dati dello studio l’espansione ripetuta del gene C9orf72 è presente nel 4,1 per cento dei casi sporadici italiani e nel 7,8 per cento dei casi sporadici provenienti dalla Sardegna, mentre, per i casi familiari è riportata la frequenza complessiva dell’espansione (37,6 per cento) senza una distinzione per gruppi etnici o paesi di provenienza.
L’ISS ha inoltre ritenuto opportuno precisare che lo studio è firmato da 57 neurologi italiani, di cui la maggior parte inclusi nel consorzio  ITALSGEN.

Secondo lo studio questo tipo di mutazione comporta un aumento della comorbidità e un modello distinto di cambiamento della corteccia cerebrale riscontrabile con risonanza magnetica e tecniche di neuroimaging. A parità d’età questa mutazione sembra comportare una minor sopravvivenza, un più alto tasso di rischio di mortalità. I pazienti affetti da mutazione del C9orf72 sembrano quindi presentare un fenotipo riconoscibile, caratterizzato dall’insorgenza precoce della malattia, la presenza di deficit cognitivo e comportamentale, una particolare modalità di degenerazione cerebrale, una storia familiare di malattie neurodegenerative a trasmissione autosomica dominante e una ridotta sopravvivenza.
L’individuazione di  questa mutazione nei pazienti potrà essere un utile strumento di analisi della condizione dei pazienti e per la valutazione dei trattamenti terapeutici più adeguati. Sarà inoltre un nuovo impulso per la ricerca scientifica, da sempre alla ricerca di una cura per la rara malattia neurodegenerativa.

 

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