Ettore Beghi: “L’esercizio fisico non è incriminato ma lo sport agonistico potrebbe essere un fattore di rischio ambientale”
Milano - Durante la seconda edizione del convegno "Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA): i Malati e la Ricerca", organizzato dall’Istituto Mario Negri di Milano, è stato annunciato l’avvio di un maxi-studio triennale per verificare l’esistenza di una correlazione tra la pratica professionistica del calcio e l’insorgenza della Sla, Sclerosi Laterale Amiotrofica.
L’annuncio giunge appena dopo le dichiarazioni del Dott. Adriano Chiò, direttore del Centro Sla del Dipartimento di neuroscienze dell'ospedale San Giovanni Battista-Molinette di Torino, secondo il quale le attuali generazioni di calciatori e quelle future non sono più a rischio.
Ettore Beghi, Responsabile del Laboratorio di Malattie Neurologiche dell'Istituto Mario Negri, ha spiegato la situazione a Osservatorio Malattie Rare. “Il Dottor Chiò, che ha partecipato al nostro convegno – spiega Beghi – non ha in realtà escluso a priori che esistano dei fattori genetici che, unitamente a fattori ambientali, aumentino il rischio di sviluppare la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Questi fattori ambientali potrebbero essere comuni ai calciatori professionisti. Esistono infatti dei dati importanti su questo tema, come ad esempio quelli per cui i pazienti affetti da Sla hanno spesso una storia di traumi multipli, soprattutto cerebrali.”
“L’esercizio fisico – precisa Beghi – non è incriminato. E’ però possibile che i calciatori professionisti continuino ad essere una categoria a rischio. Per questo avvieremo uno studio che interesserà alcune centinaia di ex calciatori professionisti, per capire se e in che termini abbiano intrattenuto contatti con strutture sanitarie per sospetto di malattie neurodegenerative. Sarà dunque un’indagine retrospettiva, che ci aiuterà a chiarire i fattori di rischio associati al calcio.”