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Il trapianto dei polmoni si esegue soprattutto per fibrosi cistica e fibrosi polmonare idiopatica. Facciamo il punto con il Centro Nazionale Trapianti

“I trapianti sono una grande conquista della scienza a servizio dell'uomo e non sono pochi coloro che ai nostri giorni sopravvivono grazie al trapianto di un organo. La medicina dei trapianti si rivela, pertanto, strumento prezioso nel raggiungimento della prima finalità dell'arte medica, il servizio alla vita umana.” Queste sono parole di Giovanni Paolo II che aveva individuato nel trapianto un gesto di immensa nobiltà, fondamentale per restituire una speranza a malati che sembrano non avere più davanti a sé un futuro dignitoso da vivere e realizzare.

Al di là della morale e della religione, la conferma che questo importante messaggio è stato recepito dalla popolazione proviene dai dati messi a disposizione dal Centro Nazionale Trapianti dai quali emerge che negli ultimi vent'anni il numero delle donazioni è aumentato quasi del 200%, passando dai 576 donatori del 1995 ai 1494 del 2015.

Fino a dicembre dello scorso anno erano 9070 i pazienti in attesa di un trapianto d'organo, il 76% dei quali aspettano un trapianto di rene; ma gli organi dei quali c'è maggiore bisogno oltre al rene sono il cuore, il fegato ed il polmone. In particolare, i pazienti con fibrosi cistica e quelli con fibrosi polmonare idiopatica sottoposti a trapianto di polmone negli ultimi 10 anni sono stati rispettivamente 337 (30,1% di tutti i trapianti) e 367 (32,8%) a conferma dell'elevato impatto di queste patologie sull'apparato respiratorio. Infatti, per tutti i pazienti con insufficienza respiratoria in fase terminale il trapianto di polmone rappresenta l'unica opzione terapeutica anche se, rispetto agli altri malati, i soggetti da sottoporre a trapianto polmonare devono affrontare tempistiche molto più dilatate che spesso si associano ad un maggiore tasso di mortalità, giacché l'incapacità di eliminare l'anidride carbonica da parte dell'organo vittima di un progressivo deterioramento è causa dell'instaurarsi di uno stato di acidosi che provoca scompensi fatali per l'intero organismo.

Esistono procedure di assistenza a breve termine, quali la ventilazione artificiale ed i sistemi di supporto ECLS (Extracorporeal Life Support), in grado di sostenere il paziente in attesa dell'arrivo di un polmone da trapiantare ma nelle situazioni più gravi esse non bastano ed è, pertanto, necessario intervenire riducendo i tempi di attesa.
Nell'ottobre del 2010 il Centro Nazionale Trapianti si è reso protagonista di un importante lavoro di coordinamento dei principali centri presenti sul territorio nazionale, allo scopo di identificare i pazienti ad alta priorità di trapianto, nel tentativo di ridurre il più possibile la compromissione dell'organo e, di conseguenza, i tassi di mortalità. Il programma IULT (Italian Urgent Lung Transplant) nato da questa intesa attività si è rivolto a pazienti al di sotto dei 50 anni dipendenti da ventilazione artificiale e/o Ossigenazione Extracorporea attraverso Membrana (ECMO), una tecnica che attraverso la rimozione del sangue dal circolo venoso consente di eliminare l'eccesso di anidride carbonica. Successivamente, il sangue ripulito ed ossigenato può essere reinfuso nel circolo sanguigno del paziente.

In un recente articolo pubblicato sulla rivista Cardiovascular and Thoracic Surgery un gruppo di ricercatori guidati dal prof. Massimo Boffini, docente in forza al Dipartimento di Scienze Chirurgiche dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, ha divulgato i risultati dei primi 14 mesi del programma IULT nel quale sono stati arruolati 28 pazienti affetti da fibrosi cistica, fibrosi polmonare idiopatica, sindrome di Eisenmenger, Istiocitosi X e soggetti  a ritrapianto.

Il 79% dei pazienti sulla lista ha avuto la possibilità di accedere al trapianto dopo circa 10 giorni dall'iscrizione alla lista d'urgenza e il 90% ha ricevuto un doppio trapianto polmonare. I trapianti in urgenza sono stati riservati ai pazienti dipendenti da ventilazione artificiale proprio perché è noto che sul lungo termine questa tecnica può favorire l'insorgenza di infezioni e compromettere i muscoli del diaframma, con strascichi pesanti nel periodo post-operatorio. I ricercatori hanno evidenziato, tuttavia, un differente impatto della ventilazione artificiale in relazione anche alla patologia, con un livello di criticità maggiore associato a malattie come la fibrosi cistica. Allo stesso modo, il ricorso a tecniche ECMO prima del trapianto è stato sottoposto ad un'attenta analisi, dalla quale è emerso il notevole miglioramento tecnologico associato a questa procedura medica che può ridurre in maniera significativa la necessità di ricorrere alla ventilazione artificiale anche nel breve periodo precedente il trapianto.

Ciononostante, l'unico modo per abbattere i tassi di mortalità post-trapianto rimane legato alla possibilità di sviluppare un programma di selezione delle urgenze concreto ed efficiente. L'individuazione dei casi clinici che in maggior misura e in tempi più brevi necessitano del trapianto è un aspetto cruciale del programma: infatti, i tassi di  sopravvivenza dei pazienti inclusi nel protocollo IULT a 30 giorni, 6 mesi e 1 anno sono stati, rispettivamente, del 81,8%, 76,2% e 71,4% dando conferma della buona riuscita dell'operazione.

Infine, per tutti i pazienti che vadano incontro ad una procedura di trapianto è essenziale sottolineare il ruolo ricoperto dai sistemi di ricondizionamento polmonare, come la perfusione polmonare ex vivo, grazie ai quali può essere garantita una migliore funzionalità d'organo. “Ciò che rappresenta una vera svolta per il trapianto di polmone” – spiega il dott. Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti – “è la possibilità di curare gli organi anche dopo il prelievo, utilizzando perfusori per far circolare ossigeno e liquidi macroproteici che migliorano le condizioni dei polmoni, contribuendo al buon esito dell'intervento.”

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