Dalla collaborazione con Telethon alla creazione di un network europeo, fino al campus estivo dedicato al karate: il presidente Federico Maspes racconta le ultime iniziative del progetto, ad un anno dalla sua nascita
ROMA – Non avere una diagnosi, al contrario di ciò che si crede, è una condizione abbastanza comune. Circa la metà dei bambini con problemi di apprendimento, e circa il 60% dei bambini con sindromi multi organo congenite, non hanno una diagnosi definitiva che spieghi la causa delle loro patologie. Per sostenere chi affronta questo difficile percorso, il dr. Federico Maspes ha costituito, il 4 marzo 2015, la Fondazione Hopen Onlus. Federico sperimenta in prima persona tutte quelle difficoltà che ogni giorno le famiglie di chi è affetto da queste patologie non diagnosticate si trovano a vivere: è infatti papà di Clementina, una ragazza che dopo vent'anni di indagini, consulti e visite specialistiche, non tutte illuminanti, ancora non ha un nome per la propria malattia.
Federico ha deciso così di canalizzare le proprie risorse ed energie in questo grande progetto: oggi la struttura operativa della Fondazione è composta da medici, liberi professionisti, docenti universitari, imprenditori e amici uniti dalla volontà di dare il proprio aiuto per affrontare il problema delle malattie genetiche rare senza nome. “Insieme abbiamo creduto nella missione per cui la ONLUS è stata fondata: diventare il punto di riferimento per tutte le famiglie e le persone che vivono ogni giorno nell'incertezza e nell'isolamento, senza sapere il nome della malattia e come affrontarla; per sostenerle, accompagnarle e guidarle lungo il percorso buio della malattia”, racconta il Dr. Federico Maspes.
IL RIFERIMENTO PER LA DIAGNOSI
A distanza di poco più di un anno, sono molti i traguardi raggiunti. La collaborazione con Telethon, ha permesso di protocollare un percorso attraverso il quale le famiglie che si rivolgono ad Hopen possano utilizzare il servizio “Filo Diretto”, supportato da genetisti che rispondono tramite e-mail a domande inerenti gli esami da effettuare e i centri ai quali rivolgersi in risposta alle singole e diverse patologie ancora senza diagnosi.
Il 4 aprile è inoltre partito il progetto “Malattie Senza Diagnosi”, limitato ai pazienti con malattie di natura genetica che – sulla base delle esperienze fatte all’estero – si stima potrà cercare una diagnosi in 350/400 pazienti eleggibili all'esame genomico di ultima generazione (Next Generation Sequencing – NGS). Il progetto avrà durata triennale e sarà possibile richiedervi accesso tramite il proprio medico di riferimento, attraverso il link alla piattaforma disponibile sia sul sito di Telethon che su quello della Fondazione Hopen.
SWAN EUROPE: SYNDROMES WITHOUT A NAME
L'ultima importante iniziativa pochi giorni fa: il 16 aprile, presso la sede di AssoGenerici, la Fondazione Hopen ha ospitato il primo meeting dedicato alla realizzazione di una rete europea a sostegno di pazienti affetti da patologie genetiche rare senza nome. All’evento hanno partecipato anche Genetic Alliance e Swan UK, Uniamo, Eurordis con il suo progetto per le famiglie “Rare Connect” e Association Sans Diagnostic et Unique (ASDU). Grazie al continuo progresso tecnologico della genomica e della citomica, si ritiene, attraverso il Network Europeo, di poter contribuire a facilitare l’accesso delle famiglie a sistemi diagnostici fondamentali per caratterizzare le malattie senza nome.
FAMIGLIE E COMUNITÀ
Per creare una connessione tra i ragazzi affetti da queste malattie e le altre famiglie e costituire una vera e propria comunità, la Fondazione Hopen ha deciso di sviluppare una serie di progetti ricreativi. Il primo ha preso il via lo scorso 20 marzo. “Tutti in Gioco”, in collaborazione con il Centro Sportivo Italiano – Roma Flaminio, è stato pensato per creare un momento di integrazione e inclusione sociale, che apporti benessere al fisico e alla mente dei ragazzi, ma che soprattutto, attraverso la pratica di attività motorie ritagliate sul grado di risposta del singolo, li faccia divertire. Avrà la durata di un anno e coinvolgerà prevalentemente i ragazzi affetti da malattie genetiche rare senza nome in una serie di percorsi ludico-sportivi all’aria aperta, in piscina e in palestra (in particolar modo attraverso l’apprendimento della disciplina del karate).
“Nei primi due incontri i ragazzi hanno risposto positivamente a tutte le attività proposte ed in particolar modo al karate. Il karate racchiude in sé una serie di elementi fondamentali per lo sviluppo armonico delle competenze socio-cognitive”, spiega il dr. Maspes. “Questa disciplina, infatti, riesce a calamitare l’attenzione di questi ragazzi migliorando la concentrazione, l’iperattività, i disturbi della coordinazione motoria o del pensiero-comportamento e i disturbi dell’umore e dell’ansia. Sembra che il karate, come metodo educativo, possa integrare in modo molto efficace alcuni interventi terapeutici. Questi primi risultati ci hanno spinto a pensare di organizzare un mini campus estivo dedicato principalmente alla pratica di questa disciplina”. Per quanto riguarda gli eventi, il prossimo 15 giugno a Roma presso il Circolo Canottieri Aniene, è in programma un importante evento di raccolta fondi legato alla presentazione di HOPEN, dove interverrà fra gli altri il Presidente del CONI, dr. Giovanni Malagò.