Stampa

La crisi rende tutti meno altruisti. Scende del 45 per cento la percentuale di chi pagherebbero più tasse per un accesso democratico alla salute

Presentati venerdì i risultati del quinto ‘ Barometro internazionale sulla Salute’. L’indagine, realizzata dall’Istituto di Ricerca Internazionale CSA su commissione del Gruppo Europ Assistance in partnership con il Cercle Santé, mette a confronto i cittadini di 10 Paesi (Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna, Svezia, Polonia, Austria, Stati Uniti e, da quest’anno, Spagna e Repubblica Ceca) su sette grandi temi d’attualità sanitaria: valutazione del proprio sistema sanitario nazionale e qualità delle cure, istanze sociali, mobilità nell’accesso alle cure, invecchiamento della popolazione, nuove tecnologie, prevenzione e contributo del settore sanitario allo sviluppo economico. La ricerca è stata condotta nel periodo maggio – giugno 2011 su un campione di 5.500 cittadini maggiorenni.  Ecco dunque alcuni elementi che emergono dal rapporto.

Italiani insoddisfatti del servizio sanitario nazionale
Sono ben il 70 per cento gli italiani che giudicano negativamente l’organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale. Un dato che posiziona il nostro Paese al secondo posto della classifica internazionale fra i cittadini più insoddisfatti, subito dopo i Polacchi (82 per cento).  L’ultima posizione assoluta la conquistiamo invece quando si parla di competenze tecniche dei medici sia in fase diagnostica che terapeutica: in una scala da 1 a 10 sono insufficienti (4,1) i giudizi degli italiani rispetto a questo argomento.
Si evidenzia la preoccupazione degli abitanti del Bel Paese rispetto al futuro del sistema sanitario: la mancanza di finanziamento pubblico al settore (85 per cento delle preferenze) e l’eventualità di errori medici (78 per cento) rappresentano le minacce più sentite. E se si parla di soluzioni necessarie a coprire le crescenti spese legate alla salute, per gli italiani il pagamento di una franchigia per ogni prestazione medica rappresenta l’opzione migliore (34 per cento del campione) preferita all’aumento delle imposte obbligatorie (16 per cento), alle assicurazioni private, complementari o ad assicurazioni supplementari facoltative (15 per cento).  Un quadro fortemente negativo che paradossalmente si rischiara quando si chiede ai cittadini del Bel Paese di esprimere la fiducia riposta nei controlli attuati dalle autorità sanitarie per limitare i rischi legati all’assunzione di farmaci: inspiegabilmente su questo fronte siamo il popolo che esprime il più alto numero di risposte positive con l’85 per cento del campione.          

Gli Italiani sentono il peso della disparità di accesso alle cure
Per il 57 per cento degli italiani (+3 punti percentuali rispetto al 2010), il SSN non è in grado di garantire un accesso equo alle cure. Una servizio che si considera un diritto inalienabile il cui ottenimento non deve essere in alcun modo legato a un pagamento di tasse: solo il 12 per cento degli intervistati è infatti favorevole a versare maggiori imposte in cambio di un accesso più democratico alla salute. Percentuale quest’ultima in vertiginoso calo se si considera che nel 2009 gli italiani che rispondevano positivamente a questo quesito erano ben il 57 per cento. Il perdurare degli effetti della crisi economica globale ha già costretto, nel corso del 2011, il 19 per cento dei cittadini italiani a rinunciare o rimandare cure mediche: soprattutto esami, interventi, visite odontoiatriche o oculistiche. Una percentuale in costante crescita dal 2009.

Sempre più propensi a spostarsi per andare dallo specialista

Gli italiani (65 per cento) sono fra i cittadini più propensi alle trasferte di lungo raggio per beneficiare di cure specialistiche. E nella scelta del luogo di villeggiatura il 74 per cento (+ 10 punti percentuali rispetto al 2010) del Bel Paese dà “molta importanza” alle condizioni sanitarie locali.

Per gli anziani si chiede più assistenza domiciliare
Molto alta e in sensibile aumento (77 per cento; +10 punti rispetto al 2010) la percentuale di cittadini italiani che si dichiara poco o per nulla soddisfatta della qualità dei servizi di assistenza alla terza età e alle persone dipendenti. Dato che posiziona il nostro Paese appena sopra la Polonia: il Paese in assoluto più scontento con l’85 per cento delle risposte negative.  Per far fronte ai problemi legati all’allungamento dell’aspettativa di vita ben l’82 per cento degli italiani individua l’assistenza domiciliare come la miglior soluzione possibile. Un atteggiamento fortemente condiviso dal resto dei Paesi intervistati. Per finanziare l’assistenza domiciliare il 67 per cento (+5 punti percentuali rispetto allo scorso anno) degli italiani suggerisce un contributo misto, pubblico e privato.

 

La tecnologia? Al servizio della relazione medico paziente
Sono quasi la metà gli italiani che consultano internet per ottenere informazioni sui temi legati alla salute: gli utenti che dichiarano di farlo regolarmente si attestano al 5 per cento, mentre gli internauti occasionali il 40 per cento. Informazioni che vorrebbero comunque nel 78 per cento dei casi completate dal medico curante.
Interrogati sul consulto medico a distanza gli italiani si confermano tradizionalisti: l’80 per cento del campione si dichiara infatti contrario a video collegarsi con medici generici per ricevere pareri e informazioni così come il 69 per cento del campione è contrario a consulti a distanza con medici specialisti.
Percentuali che scendono, pur mantenendoci nelle ultime posizioni della classifica, se si chiede un parere sullo sviluppo del monitoraggio medico continuo attraverso mobile phone: il 53 per cento del campione è favorevole all’utilizzo di queste applicazioni.
La relazione personale con il medico rimane per gli italiani di primaria importanza e fra tanti (47 per cento, valore più alto in assoluto) è diffuso il timore che l’utilizzo delle nuove tecnologie possa in qualche modo condizionare negativamente la relazione umana medico/paziente.
Le nuove tecnologie irrompono invece nell’assistenza alle persone anziane: l’83 per cento degli italiani (secondi in classifica dopo gli Stati Uniti) si dichiara favorevole ad adottare sistemi di sorveglianza a distanza come il braccialetto elettronico o il rilevatore di caduta. Così come il 54 per cento dei cittadini del Belpaese ritiene che il telemonitoraggio delle condizioni di salute via telefono o internet regali maggiore indipendenza alle persone non autosufficienti, permettendo loro di essere più autonome presso il domicilio.
Le nuove tecnologie (telesorveglianza e robotica) non cancellano comunque l’importanza e l’indispensabilità dell’assistenza domiciliare indicata in assoluto (96 per cento) come la migliore soluzione per prolungare la permanenza a casa delle persone anziane o non autosufficienti.

Per la prevenzione Italia fanalino di coda
In materia di prevenzione, l’Italia è il fanalino di coda tra i Paesi coinvolti nell’indagine: sono infatti solo il 23 per cento (- 10 punti negli ultimi 3 anni) i cittadini che dichiarano di aver effettuato di propria iniziativa un check up generale nel corso degli ultimi 5 anni.
Mentre il tema di un programma di prevenzione vitalizio rimane praticamente sconosciuto: il 79 per cento degli italiani non ne è a conoscenza, anche se il campione si dichiara molto o abbastanza interessato a questo argomento (93 per cento al primo posto della classifica).

Il settore sanitario? Sempre meno il motore di crescita del Paese
Forte il calo di fiducia da parte degli italiani  sulla capacità del settore sanitario di contribuire alla crescita del Paese. Forse in diretta conseguenza della crisi economica che sta vivendo la nazione questa fiducia passa dal 77 per cento del 2010 al 65 per cento del 2011 (- 12 per cento in un solo anno)

Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni