Ecco i ‘caldi consigli’ e le raccomandazioni contenute nel documento
Nei decenni, grazie all’indefesso lavoro di ricerca di medici e biologi di tutto il mondo si è giunti a comprendere come, nell’80% dei casi, alla base di una malattia rara ci sia una determinata mutazione genetica. Questo ha aiutato molto l’opera dei ricercatori che, negli ultimi anni, si sono concentrati sulle terapie geniche e sulle tecniche di editing genomico (come CRISPR-Cas9) per correggere il difetto alla base e tentare di mettere a disposizione delle terapie curative, e non più solo sintomatiche. Tuttavia, percorrere questa filosofia e puntare allo sviluppo di quelle che tecnicamente vengono chiamate Terapie Mediche Avanzate implica una forma di regolamentazione proveniente da solide raccomandazioni che diano l’opportunità alle aziende e ai laboratori che sperimentano di farlo partendo da una piattaforma comune, seguendo una rotta definita e con obiettivi condivisi. Proprio per mettere queste basi l’americana FDA (Food and Drug Administration) in questi giorni ha diffuso le bozze di 6 nuove Linee Guida che, nel caso specifico delle malattie rare, trattano sia lo sviluppo di prodotti centrati sulla terapia genica, sia l’elaborazione di studi pre-clinici e clinici all’interno dei quali testarli (clicca qui per scaricare il documento).
Per quanto riguarda il processo di sviluppo di farmaci basati sulla terapia genica, la FDA ricorda che il numero limitato di individui e la riduzione dei lotti conseguentemente prodotti costituiscono un fattore limitante, con particolare riferimento ai percorsi di controllo della qualità: una popolazione di studio ristretta può, infatti, implicare una riduzione delle quantità di produzione che rendono difficile individuare i parametri fondamentali per verificare il livello di qualità richiesto. L’attenzione ai percorsi di qualità deve, quindi, essere estrema, e la creazione di molti lotti di prodotto di quantitativo inferiore rispetto ad un’unica produzione può essere considerata una buona soluzione per ottimizzare l’intero processo.
Un programma di studio a livello pre-clinico appositamente costruito sul prodotto in sperimentazione deve essere considerato di primaria importanza e deve focalizzarsi sulla corretta identificazione dell’intervallo di attività della dose, sulla sicurezza e sulla fattibilità del metodo di somministrazione e, soprattutto, sull’individuazione di potenziali tossicità del preparato. Per tale ragione sono caldamente consigliati – le Linee Guida usano continuamente questo termine – gli studi pre-clinici in vitro e i POC (Proof-Of-Concept) in vivo per testare il razionale del progetto. Inoltre, sono raccomandati – altro termine carico di valore – gli studi di farmacocinetica che aiutino a stabilire un profilo di sicurezza del farmaco, specie con riferimento ai livelli di trasfezione e alla stabilità dell’effetto.
Per quanto riguarda, invece, gli studi clinici, essi devono essere pensati e costruiti tenendo ben presente sia l’eterogeneità fenotipica della gran parte delle malattie rare, sia il fatto che più di due terzi dei pazienti sono bambini. La selezione della popolazione di studio diventa quindi un punto cardinale per ottenere risultati certi, utili e veritieri. La scelta dei test diagnostici e di monitoraggio della casistica è fondamentale, come pure avere a disposizione un braccio di controllo su cui ripetere i medesimi test, potendo così raffrontare i risultati dei controlli a quelli della popolazione di studio. I trial randomizzati in cieco sono generalmente considerati quelli di maggior valore. Infine, non bisogna trascurare la scelta della dose di farmaco da somministrare (anche usando modelli predittivi accurati) e la creazione di un piano di monitoraggio di eventuali eventi avversi, in relazione alla sicurezza della terapia.
Alla base di tutto il pilastro che conferisce sostegno all’intera architettura del trial clinico rimane la scelta degli endpoint primari e secondari che siano in grado di dimostrare il beneficio clinico prodotto dalla terapia. La FDA è un organo aperto al confronto e alla discussione di tali endpoint con gli sperimentatori e i produttori, al fine di poter definire in maniera incontrovertibile l’efficacia terapeutica del farmaco e procedere speditamente sulla strada che porta all’approvazione e all’immissione in commercio. In ogni caso, l’augurio è di poter mantenere un contatto costante con l’OTAT (Office of Tissues and Advanced Therapies) fin dalle prime fasi di sviluppo e fino a prima della presentazione di una domanda di Investigational New Drug (IND).
Dallo sviluppo alla commercializzazione, molti dei suggerimenti contenuti nelle Linee Guida sono gli stessi validi per la gran parte dei farmaci e dei dispositivi medici già noti a chi lavora nel mondo della ricerca e a chi si occupa della produzione di terapie innovative (non solo geniche), ma l’aspetto più importante è l’ampliamento delle raccomandazioni a una nuova categoria di prodotti che potrebbe davvero contribuire in maniera sostanziale a contrastare le malattie rare e che è già giunta alla seconda generazione.