L’iniziativa, promossa da Sanofi, affronta sfide e opportunità per il futuro: dalla telemedicina al potenziamento dell’assistenza territoriale
Milano – Sviluppare una ‘vera’ telemedicina al servizio del paziente, potenziare la medicina territoriale attraverso un rapporto di più stretta collaborazione tra ospedale e territorio, migliorare l’organizzazione dei servizi al paziente e l’informazione da fonti attendibili online. Sono queste alcune delle sfide e delle opportunità che l’oncologia e l’ematologia dovranno affrontare nel prossimo futuro, soprattutto alla luce delle criticità emerse in maniera prepotente durante i mesi della pandemia di COVID-19, raccolte da una survey condotta da Havas Life su circa 200 interlocutori tra oncologi ed ematologi, pazienti con mieloma multiplo, caregiver di persone con tumore al polmone e associazioni di pazienti.
Dei risultati dell’indagine, e delle possibili aree di intervento, si è parlato nel corso della conferenza stampa di presentazione di “Switch On”, il progetto promosso da Sanofi con l’obiettivo di creare tavoli di lavoro e di confronto tra tecnici, medici specialisti, associazioni di pazienti e stakeholder di riferimento che possano portare allo sviluppo di proposte progettuali concrete.
All’evento online erano presenti clinici e rappresentanti di associazioni di pazienti, in campo oncologico ed ematologico, che compongono il Comitato Scientifico di “Switch On”: il Dott. Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM, Responsabile Oncologia Medica Humanitas Gavazzeni Bergamo; il Prof. Paolo Corradini, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Università degli Studi di Milano; il Prof. Paolo Ascierto, MD Melanoma. Cancer Immunotherapy and Development Therapeutics Unit, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione "G. Pascale"; il Prof. Mario Boccadoro, Professore di Ematologia dell’Università degli Studi di Torino; la Prof.ssa Silvia Novello, Dipartimento di Oncologia, Università di Torino, AOU San Luigi Orbassano; Anna Costato, Salute Donna Onlus; Melania Quattrociocchi, Area Pazienti AIL (Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma); Giampiero Garuti, Gruppo Pazienti MMP Ph (Malattie mieloproliferative Philedelfia Negativo), AIL; Gabriella Masiello, AIMaMe (Associazione Italiana Malati di Melanoma e tumori della pelle).
La pandemia ha messo in luce lacune e opportunità in aree di grande rilievo per la sanità e la salute del nostro Paese, su cui è diventato sempre più urgente e strategico intervenire: prima fra tutti la telemedicina. Incrementare e sviluppare servizi di teleassistenza – a supporto e non in sostituzione delle visite in presenza – attraverso l’investimento di risorse economiche e la formazione all’utilizzo di un’adeguata tecnologia, consentirebbe un’efficace presa in carico del paziente da remoto, garantendo la continuità delle cure. Fondamentale, sotto questo aspetto, è risultato essere il coinvolgimento e il contributo dei medici di medicina generale in stretta sinergia e collaborazione con il medico specialista.
La tecnologia acquisirà quindi sempre più spazio nella pratica clinica e nella gestione del paziente oncologico/ematologico. Dai dati della survey è emerso che per 9 medici su 10 la tecnologia ricoprirà un ruolo sempre più predominante nello sviluppo della professione medica nei prossimi 2-3 anni. 7 medici su 10 ritengono inoltre che potrà migliorare la qualità della propria professione, grazie al risparmio di tempo dedicato alle pratiche burocratiche e grazie alla condivisione di dati e referti con altri medici per una presa in carico multidisciplinare del paziente.
Nonostante il fatto che durante l’emergenza COVID-19 l’erogazione delle terapie ai pazienti non abbia subito rallentamenti, ha subito invece una flessione la prevenzione sia primaria che secondaria dei pazienti non-COVID. Proprio per rispondere a questa esigenza, tra le azioni indicate come prioritarie per il post-emergenza risalta quella relativa all’istituzione di servizi in grado di rafforzare l’assistenza domiciliare e la medicina territoriale.
Dalla survey è inoltre emerso come circa 8 medici su 10 pensino che un supporto trasversale ai pazienti, da quello psicologico a quello nutrizionale e motorio, rappresenti uno tra i principali bisogni a cui sarà necessario rispondere nel prossimo futuro.
La comunicazione da remoto sarà dunque sempre più centrale nel rapporto medico-paziente, ma dovrà essere sviluppata accompagnando gradualmente i pazienti nel corretto utilizzo: la comunicazione mediata da strumenti digitali, ad esempio, viene ritenuta idonea solo in alcune fasi del percorso di assistenza e cura del paziente, come i controlli e i follow-up, e non nelle fasi diagnostico-terapeutiche.
Inoltre, la necessità di un alleggerimento del carico sugli ospedali, in previsione del perdurare o del riproporsi in futuro di restrizioni simili a quelle messe in atto durante la pandemia, è possibile solo sopperendo alle carenze strutturali, burocratiche e di organico: potrà essere necessario dunque limitare gli accessi non necessari del paziente in ospedale, implementando strumenti alternativi di gestione non emergenziale e migliorare la gestione dell’informazione ai pazienti.
I pazienti, già in maniera proattiva, ricercano sul web notizie sul proprio stato di salute e sulle terapie disponibili. Tuttavia, i clinici, pur esprimendosi con cautela circa la qualità delle informazioni presenti sul web, sottolineano la necessità di sviluppo di piattaforme on-line, e di un maggior numero di fonti attendibili da mettere a disposizione di malati e caregiver. Le campagne di sensibilizzazione, per esempio quella sulla vaccinazione oncologica, svolgono un ruolo fondamentale per la prevenzione e la conoscenza su patologie e terapie.
La pandemia ha permesso di mettere in luce dunque alcuni bisogni ma anche aree di opportunità su cui sarà prioritario intervenire: da qui parte il progetto “Switch On”, che pone le basi per future progettualità per sostenere e dare impulso all’oncologia ed ematologia di domani.