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Fabiana Novelli

Fabiana Novelli (Associazione SCN2A Italia): “Ciò che conta è che i laboratori di genetica, la clinica e la bioinformatica lavorino in reale sinergia”

Avere una diagnosi corretta, in tempi brevi, il più possibilmente precoce e a costi sostenibili: il mondo scientifico e quello dei pazienti non ha dubbi, un corretto impiego delle scienze omiche potrà costituire veramente una svolta verso questi obiettivi. E’ quanto emerso in maniera netta dal convegno “Verso un Piano Nazionale per la Medicina di Precisione: malattie rare laboratorio delle scienze omiche”, organizzato da OMaR - Osservatorio Malattie Rare, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Orphanet Italia, con il patrocinio di BITS - Società Italiana di Bioinformatica, Fondazione Hopen Onlus e SIBioC - Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica - Medicina di Laboratorio, e con il contributo non condizionante di "JuliaOmix™ di GenomeUp, Roche Diagnostics e Thermo Fisher Scientific, al quale hanno preso parte anche il Ministro della Salute Orazio Schillaci e le Senatrici Ylenia Zambito e Sandra Zampa, rispettivamente segretario e membro della X Commissione “ Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale” del Senato della Repubblica.

Si parte da un dato: in Italia circa 100mila persone hanno una patologia senza avere una diagnosi, e probabilmente si tratta di una stima al ribasso alla quale andrebbero aggiunti tutti coloro che hanno una diagnosi incerta o errata. La diagnosi rimane il primo grande scoglio da affrontare e mediamente arriva con 4.8 anni di ritardo, un paziente su 3 riceve una prima diagnosi errata con conseguenti terapie non idonee, e alcuni non arrivano mai a una diagnosi.

“Non si è mai pronti alla diagnosi di una malattia genetica rara, ma è l’unica strada per evitare un vero e proprio calvario fatto di indicazioni errate, farmaci controindicati, indagini e percorsi riabilitativi inappropriati è di trovare associazioni di riferimento: un tempestivo screening genetico equivale ad un enorme guadagno di qualità di vita”, ha detto Fabiana Novelli, Presidente dell’Associazione SCN2A Italia Famiglie in Rete. “Non tutte le famiglie hanno la possibilità di spostarsi in centri d’eccellenza per cui l’assenza di una rete nazionale di strutture specializzate e certificate per le diagnosi genetiche genera enormi disagi nelle famiglie che spesso nel vivere condizioni di disabilità tendono a disgregarsi. Quando i laboratori di genetica, la clinica e la bioinformatica non comunicano in maniera sinergica si naviga nel buio, non si applica una medicina di precisione ma una medicina fatta di tentativi e di prove empiriche estenuanti con un forte impatto sulla persona e sulle famiglie in termini di perdita di qualità di vita o della vita stessa, per questo serve un piano che sia veramente nazionale per le scienze omiche: SCN2A è il classico esempio di un gene identificato circa 10 anni fa, figlio delle scienze omiche che se non ci fossero state oggi non sapremmo altro che i sintomi di questa malattia e invece stiamo lavorando, insieme ai clinici, per la creazione di un database che, un domani, potrebbe consentire anche di attrarre in Italia il piano di sviluppo della terapia genica in Fase I/II”.

Senza diagnosi non è possibile una presa in carico clinica a breve e lungo termine, senza diagnosi non si rientra nella ricerca e non c’è confronto tra pari”, queste le parole di Federico Maspes, Fondatore e Presidente della Fondazione HOPEN Onlus, che ha patrocinato il convegno (qui per conoscere la storia e le attività della Fondazione HOPEN). “Certo ci sono i tentativi di migliorare la qualità della vita, trattare i sintomi - non la malattia - ma manca l’orientamento, le figure di riferimento e il mondo delle sperimentazioni cliniche è precluso, per non parlare delle terapie. È come avere dentro di sé una informazione importante, ma nascosta. Con le analisi del genoma potremmo tirar fuori queste informazioni, aiutare le famiglie, aiutare la ricerca, magari un domani avere delle terapie, ma fin quando questi esami di ultima generazione saranno fatti solo in pochi centri, probabilmente sganciati tra loro, e solo dopo una serie di altri esami considerati ancora oggi come ‘prima scelta’ tutto questo sarà difficile. Se inserissimo nei LEA questi esami, come prima scelta, e stabilissimo parallelamente un codice per le malattie rare senza diagnosi, riconoscendo intanto almeno per queste la necessità di sequenziare l’esoma – tema sollevato nella scorsa legislatura dalla Sen. Paola Binetti in una interrogazione rimasta senza risposta – faremmo un enorme passo in avanti”.

Mancano di fatto programmi dedicati appositamente alle malattie senza diagnosi per garantire ai pazienti un accesso tempestivo alla diagnosi e al supporto sociale”, ha ricordato la Sen. Paola Binetti, già Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Malattie Rare, nel corso dell’evento. “Ottenere una diagnosi è spesso la chiave per accedere a un'assistenza medica e sociale efficace ma, paradossalmente, se non c'è una diagnosi, non c'è neppure un numero di codice e quindi non si può accedere a determinati esami di nuova generazione, a carico del SSN, più sofisticati e più cari, ma indubbiamente più precisi, come i test genomici. Durante la precedente legislatura abbiamo chiesto al Ministro della Salute di allora, Roberto Speranza, se ritenesse necessario attribuire alle malattie rare senza diagnosi un codice che consentisse ai pazienti di accedere, a carico del SSN, a tutte le indagini necessarie per chiarire la loro mancata diagnosi il più tempestivamente possibile e poter contare sui LEA. Purtroppo, però, non abbiamo ricevuto alcun riscontro al riguardo”.

“La diagnosi costituisce il punto fondamentale per l’aspettativa e qualità di vita delle persone con malattia rara”, ha sostenuto il Dott. Antonio Novelli, Direttore Laboratorio di Genetica Medica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. “Dal 2013 abbiamo in corso un progetto di genomica, con diversi percorsi clinici e progetti di ricerca dedicati alle malattie rare senza diagnosi, teso a trasferire le nuove tecnologie omiche alla pratica clinica ed offrire la possibilità di ottenere diagnosi più rapide e terapie sempre più efficaci a costi ridotti rispetto al passato. Sono stati presi in carico più di 1.670 pazienti e grazie a queste nuove metodologie è stato possibile dare una diagnosi a 1.000 bambini e adolescenti con malattie rare a eziologia sconosciuta, quindi circa 2 casi su 3 e, ed identificare circa 100 nuovi geni-malattia: scoperte che saranno utili ad altre famiglie e ricercatori per stabilire il rischio genomico ed aprire la strada alla scoperta di farmaci. Comprendere il ruolo che la genomica può avere sul nostro sistema sanitario è essenziale per rafforzare la fiducia dei cittadini e migliorare il rapporto con i pazienti, e i vantaggi clinici sono evidenti nelle malattie rare e nelle patologie tumorali, dove attraverso test genetici più rapidi e accurati, milioni di pazienti trovano e troveranno le risposte adeguate per prevenire le malattie e ricevere terapie adeguate”.

“Ad oggi le oltre 7.000 malattie genetiche rare note necessitano di una diagnosi precoce che eviti lunghe e dispendiose odissee diagnostiche e consenta l’accesso a cure, prevenzione e nuove terapie. Lo screening genetico neonatale consentirebbe una diagnosi genetica a ‘tempo zero’ a tutti i neonati. Trattandosi di un approccio di medicina genomica, che coinvolge anche individui asintomatici, il tema è molto complesso e necessita di un approccio interdisciplinare che includa tutte le figure professionali. Il progetto Screen4Rare è finanziato dalla EU per 5 anni e dovrà disegnare un percorso ottimale di screening genetico neonatale basato su omica e di nuovi mezzi digitali che dovranno affiancare lo screening genetico e facilitare la gestione e l’utilizzo di dati sia genetici che clinici. Lo screening sarà effettuato in circa 30.000 neonati in Europa. Il progetto ha 36 partners incluse molte industrie farmaceutiche e di diagnostici in vitro”, ha evidenziato Alessandra Ferlini, Professore di Genetica Medica, Università di Ferrara.

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