Portata all’attenzione del Ministro Schillaci la storia di una lavoratrice in terapia oncologica costretta a licenziarsi per mancata concessione del lavoro agile
Il diritto allo smart working riconosciuto ai lavoratori fragili, introdotto contestualmente all’emergenza Covid-19 e ripetutamente prorogato, è scaduto il 31 marzo 2024 per i lavoratori del settore privato e il 31 dicembre 2023 per i lavoratori del settore pubblico. A oggi, dunque, l’accesso al cosiddetto lavoro agile non è più qualcosa di regolamentato a livello nazionale ma dipende dai singoli accordi tra lavoratore e datore di lavoro.
Nell’ultimo anno sul tema sono ripetutamente intervenuti i parlamentari di opposizione e si sono mobilitate associazioni e società civile, con un unico obiettivo comune: sollecitare l’elaborazione di un provvedimento normativo che tuteli con continuità – senza, dunque, legami con emergenze sanitarie contingenti – i lavoratori fragili e la loro possibilità di offrire la propria prestazione lavorativa in sicurezza.
L’intervento più recente è quello del Senatore Orfeo Mazzella che nei giorni scorsi, attraverso un’interrogazione a risposta scritta, ha chiesto al Ministro della Salute Orazio Schillaci “se, al netto della fine dell'emergenza da Covid-19, ritenga opportuno proporre la proroga della misura dello smart working nel settore privato e pubblico per i lavoratori fragili, sussistendo una vasta platea di lavoratori che riscontrano serie difficoltà nel recarsi fisicamente al lavoro poiché affetti da gravi patologie cliniche”. Chiedono inoltre il Sen. Mazzella e gli altri firmatari “quali siano le modalità attraverso cui intenda coniugare il diritto al lavoro e il diritto alla salute, garantendo a tutti i cittadini il principio di eguaglianza contro ogni discriminazione”.
Per "lavoratori fragili" – ricorda il testo dell’interrogazione – si intendono i lavoratori, del settore sia pubblico che privato, considerati "fragili" poiché, in considerazione delle pregresse condizioni di salute, sono maggiormente esposti ai pericoli derivanti da un eventuale contagio. Ancora: i lavoratori con figli di età inferiore ai 14 anni, in ragione dell'introduzione della didattica a distanza nel periodo del lockdown.
Si ritiene – scrivono ancora i Senatori interroganti – che sia opportuno prorogare ulteriormente lo smart working, nel settore sia pubblico che privato. Tale necessità prescinde dalla normativa Covid, in quanto vi sono lavoratori che hanno difficoltà nel recarsi fisicamente al lavoro poiché affetti da gravi patologie cliniche.
Gli interroganti, nello specifico, tengono a riportare il caso di una dipendente dell'azienda Ferrarelle assunta a febbraio 2023 tramite categorie protette, avendo una patologia oncologica con relative cure e terapie farmacologiche ancora in corso per alto rischio di recidiva. La dipendente ha usufruito del full smart working grazie al decreto in vigore fino al 31 marzo 2024 (proroga del Decreto-Legge 18 ottobre 2023, n. 145, convertito con Legge 15 dicembre 2023, n. 191), al cui termine ha inoltrato formale richiesta all'azienda per continuare ad usufruire del full smart working o del giusto accomodamento. La dipendente è stata sottoposta a nuova visita medico-legale aziendale con un nuovo accertatore, il quale non ha voluto visionare la sua documentazione sulle pluripatologie, così come la certificazione della fragilità e delle terapie da svolgere, dichiarandola idonea al lavoro. Motivo per cui ella si vedrà costretta a licenziarsi, pur non avendo altri redditi e possibilità di ricollocazione, nonostante la sua pluriennale esperienza in contesti multinazionali. Inoltre, il giusto accomodamento per disabili, previsto dal nuovo ordinamento aziendale Ferrarelle, non viene applicato per la dipendente ma per chi ha figli minori e chi ha situazioni di patologie in atto.