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La Tavola Rotonda del Congresso internazionale “Pneumologia 2012”. Harari: "ra bisogni di salute in crescita, tecnologie e terapie mediche sempre più moderne e costose e risorse economiche limitate, cosa succederà alla sanità di domani?"

Nell’ambito del Congresso Internazionale “Pneumologia 2012”, svoltosi al 7 al 9 giugno a Milano, si è tenuta la tavola rotonda “Ricerca e Assistenza: quale futuro per il nostro Paese?”. All’evento hanno preso parte nomi illustri della ricerca e della medicina italiana, dai quali sono emerse le numerose criticità sulla situazione del nostro Paese. Il prof. Silvio Garattini, fondatore e direttore dell’Istituto “Mario Negri”, ha presentato un’interessante riflessione sull’attuale situazione della ricerca scientifica e della cooperazione nella ricerca. “ L’Italia è molto eterogenea rispetto alla ricerca scientifica perché la numerosità e la qualità dei centri di ricerca è molto diversa nelle varie Regioni. – ha spiegato Garattini - Nonostante l’eccellenza  di molte strutture, è difficile stabilire collaborazioni che abbiano carattere di continuità nel tempo. Basti dire che, nonostante vari tentativi, non è mai stato possibile realizzare una riunione dei rappresentanti di tutte le istituzioni di ricerca biomedica lombarde. Le regioni dovrebbero  attivarsi lanciando programmi di ricerca che permettano ampie aggregazioni per ottenere in alcuni settori risultati significativi, di rilievo internazionale. La Regione Lombardia in particolare dovrebbe permettere  - attraverso varie forme – di sostituire apparecchiature scientifiche molto costose attraverso leasing pluriennali solo a gruppi che decidano di mettere in comune le loro strutture.”

A parlare del ruolo del ruolo degli ospedali è stato il prof. Mannucci, Direttore Scientifico della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano. Mannucci si è concentrato sull’importanza “ricerca translazonale”, quella  ricerca biomolecolare pre-clinica che deve produrre risultati rapidamente trasferibili all'attività clinica che l’Italia si è posta come obiettivo quasi un secolo fa. “L a ricerca scientifica  ha il fine di trasferire in salute e benessere dell’uomo le conoscenze e i risultati dalla ricerca biomedica di base. D’altra parte, è chiaro che le ipotesi di lavoro della ricerca biomedica di base devono essere suggerite dalle malattie dell’uomo, e dai problemi clinici non risolti ad esse connessi . – spiega Mannucci -  La ricerca translazionale non può che muoversi bidirezionalmente, tra il laboratorio e il letto del malato. Questi concetti attuali sono stati intuiti quasi un secolo fa in Italia dal Ministero della Salute, che ha realizzato con un approccio pioneristico una rete di ospedali di ricerca chiamati Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) . Gli IRCCS, unicum in Europa e nel mondo della ricerca biomedica, dovrebbero quindi operare come braccio operativo del Servizio Sanitario Nazionale (e Regionale) per migliorare la pratica medica e l’assistenza ai malati attraverso la translazione clinica della ricerca di base. Questo unicum solo Italiano non è sufficientemente utilizzato dal Ministero e dalle Regioni (che pur nominano e finanziano gli IRCCS) per realizzare i loro obiettivi nel campo dell’assistenza sanitaria attraverso l’assegnazione di specifici compiti di ricerca. Gli IRCCS dovrebbero anche costituire l’ambito naturale nel quale la ricerca sviluppa attraverso l’approccio sperimentale (con metodologia scientifica) soluzioni ottimali ai problemi della criticità gestionale dell’assistenza medica al cittadino sano e malato. “

Il Dott. Sergio Harari, Direttore dell’U.O. di Pneumologia Ospedale S. Giuseppe Milano – Multimedica e presidente del Congresso ha invece proposto un’importante riflessione sul ruolo attuale del medico, che spesso si trova a dover colmare i vuoti istituzionali.  “Soli nelle corsie ospedaliere a decidere quando negare cure troppo costose, a che linea di chemioterapia fermarsi, quando intubare o meno un paziente, i medici temono di ritrovarsi a decidere del destino dei loro malati abbandonati dal vuoto di una politica che riduce le risorse ma non dice cosa fare. – spiega Harari -  Tra bisogni di salute in crescita, tecnologie e terapie mediche sempre più moderne e costose e risorse economiche limitate, cosa succederà alla sanità di domani? L’Europa riuscirà ancora a garantire quel sistema pubblico gratuito e con alti standard assistenziali che l’hanno contraddistinta e che rappresenta uno dei suoi maggiori traguardi di civiltà? In questi giorni nei quali la scure dei tagli della Finanziaria si sta abbattendo sul nostro sistema sanitario, ne ricominciano a discutere economisti, medici, amministratori. I tagli degli sprechi possono migliorare un po’ i conti ma sono lungi dal poter risolvere un problema ormai strutturale della sanità, difficile continuare a garantire tutto a tutti, continuare a far finta che la vita non abbia un prezzo è solo ipocrisia. I nuovi modelli organizzativi ospedalieri, in stile Toyota, non è affatto detto che diano risposte efficaci ai nuovi bisogni assistenziali ultraspecialistici e sono subiti dai professionisti della salute con malcontento, prova ne sia la pioggia di dimissioni di primari registrate in questi mesi al Niguarda di Milano. Cresce ovunque la demotivazione nella classe medica, ridotta a manodopera specializzata e schiacciata da una politica sempre più lottizzatrice e da amministrazioni lontane e dirigiste. La sfida per i medici è partecipare attivamente all’innovazione riaffermando in primis il merito al di sopra di intrallazzi politici e baronie, la scienza deve dare un segnale al Paese. L’introduzione di nuove terapie deve essere sostenuta da studi di superiorità (ovvero una nuova cura va favorita quando non solo è uguale alle terapie già in uso ma è superiore e garantisce un netto vantaggio per i malati) e, infine,  è indispensabile promuovere una forte integrazione tra ricerca, assistenza e formazione.”

La tavola rotonda ha visto la partecipazione di Sergio Abrignani, Silvio Garattini, Pier Mannuccio Mannucci, Sergio Harari (Milano), Carlo Lucchina (Milano), Giovanni Fattore (Milano), Alberto Sciumè (Milano)

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