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Prof. Luzzatto: “L'accordo con MAGI ci permetterà di accogliere medici provenienti da paesi più poveri in formazione"

“La missione del nostro istituto è capire, curare e prevenire il cancro al meglio per tutti. Capire significa prima di tutti fare ricerca, sia sul tumore in quanto tale che sulle malattie che possono portare nel tempo a sviluppare il cancro, come ad esempio alcune malattie del sangue che possono evolvere in leucemia. Quando il dott. Bertelli ci ha prospettato l’opportunità di coinvolgere nelle nostre attività di ricerca un medico proveniente da paesi svantaggiati, che avrebbe acquisito competenze utili per andare ad operare poi in situazioni più difficili delle nostre, non ho avuto dubbi nell’accettare. È grazie a questo accordo che oggi è con noi la dottoressa Tolulase Olutogun, dell’Ospedale Universitario di Ibada, in Nigeria. Sarò ben lieto di firmare l’accordo proposto da MAGI in base al quale potremo continuare ad avere altre persone provenienti dai paesi più poveri in formazione da noi”.


Sono queste le parole del prof. Lucio Luzzatto, che pur non presente alla conferenza di Trento durante la quale sono stati presentati i progetti di cooperazione internazionale dell'Istituto di genetica MAGI, ha comunque inviato il proprio commento.
“Fino ad oggi l’Istituto Toscano dei Tumori era stato ‘ospitato’ in diversi laboratori – ha sottolineato Luzzatto – ma la mia condizione nell’accettare l’incarico di direttore scientifico era stata che si giungesse ad avere un centro di ricerca vero. Ora questo scopo è raggiunto: la scorsa settimana abbiamo inaugurato il nuovo edificio interamente destinato alla nostra ricerca e dotato delle migliori tecnologie ed è qui che stiamo formando la dottoressa Olutogun”.

IL PROGETTO IN AFRICA
La storia che lega il prof. Luzzatto e l’Africa affonda le radici negli anni ’60, quando il medico andò ad insegnare presso l’Ospedale Universitario di Ibada e contribuì in maniera significativa a creare un moderno e forte reparto di oncoematologia. Non deve dunque stupire che la prima borsa di studio offerta da Magi sia stata utilizzata proprio per la formazione di un giovane medico di quel centro.  “Ad  Ibada – ha spiegato Luzzatto – oggi lavorano i miei ‘nipoti scientifici’, gli allievi dei miei allievi. Conosco la qualità della loro formazione e del loro lavoro e così li ho contattati per selezionare un medico davvero meritevole, per la sua bravura, di fare questa esperienza. La procedura è stata un po’ lunga, perché bisogna essere accurati, ma alla fine sono soddisfattissimo del risultato. La dottoressa Olutogun è bravissima, sono certo che quando tornerà in Nigeria potrà fare molto, sia nella lotta ai tumori che, parallelamente, per un progetto di ricerca che abbiamo riguardo alla malaria”.   

La dottoressa Olutogun si sta formando su tecnologie all’avanguardia nella diagnosi e caratterizzazione dei tumori, una formazione che le permetterà agevolmente di lavorare anche su altre tematiche, come ad esempio l’identificazione dei portatori di una particolare malattia, il deficit di glucosio 6-fosfato deidrogenasi (G6PD), un deficit enzimatico particolarmente diffuso tra le popolazioni africane e che crea un problema grave: gravi crisi emolitiche alla somministrazione di un particolare farmaco antimalarico.

“Il difetto alla base di questa malattia – ha spiegato il prof. Luzzatto – è lo stesso che sottende al favismo. A scatenare le crisi emolitiche in però, in questo caso, è un farmaco antimalarico, la primachina. Si tratta di un farmaco che per un po’ di tempo è stato accantonato a favore di altri capaci di fermare la fase acuta in 3 – 5 giorni. Se un tempo questa era la priorità assoluta di fronte alla situazione epidemica, oggi si comincia a guardare oltre: alla necessità di eradicare del tutto la malaria. Ma per farlo occorre fare in modo non solo di salvare i pazienti ma anche che il loro sangue non sia infetto, e ci si è resi conto che solo la primachina, e non gli altri farmaci, è gametocita, cioè in grado di rendere il paziente non infettivo. Il guaio è che se si somministra a un paziente con deficit G6PD si scatenano gravissime reazioni, e dunque prima va fatto il test. Ed è proprio sulla diffusione di questo test che stiamo lavorando anche se per ora non abbiamo trovato grosso interesse da parte delle aziende ‘profit’ per sviluppare un test commerciale veloce che possa essere eseguito su molti soggetti da trattare senza perdite di tempo”

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