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Un centro trasfusionale a Tirana grazie alla collaborazione MAGI - BITeB
Il Banco Informatico Tecnologico e Biomedico si farà carico di reperite le tecnologie necessarie
Cesari (BITeB): “Ritiriamo apparecchiature dismesse ma funzionanti e, dopo i controlli, le doniamo a chi ne ha più bisogno”

Che fine fanno i pc che le grandi aziende cambiano periodicamente? E gli apparecchi biomedicali che gli ospedali cambiano in favore di altri più moderni, pur essendo ancora funzionanti?  Buttarli sarebbe uno spreco, soprattutto quando ci sono tante realtà – soprattutto nei  paesi in via di sviluppo – che potrebbero trarne grande giovamento. A recuperarli, rimetterli in sesto e farli avere a chi ne ha bisogno ci pensa in Italia il Banco Informatico Tecnologico e Biomedico (BITeB), una onlus con sede in Lombardia, presieduta dell’ing. Federico Cesari.

Il BITeB, dal 2003 ad oggi, ha raccolto e destinato a progetti sociali migliaia di  computer e attrezzature ospedaliere ancora funzionanti che altrimenti sarebbero stati smaltiti come rifiuti. La divisione informatica è stata la prima a nascere, ma dal 2005, grazie a una legge della Regione Lombardia che ha consentito agli ospedali lombardi di donare al non profit le apparecchiature dismesse, il BITeB si è applicato anche a questo nuovo campo.  E’ grazie alla collaborazione con questa realtà che oggi l’Istituto di Genetica Magi sta portando avanti un altro grande progetto: l’apertura del primo centro trasfusionale in Albania, a Tirana.    

“Quando Magi ci ha spiegato il suo progetto – racconta il presidente di BITeB, Federico Cesari – abbiamo fatto studiare le esigenze ad uno dei nostri tecnici e individuato un pacchetto di attrezzature necessarie alla realizzazione. Alcune possono essere macchine utilizzate ma funzionanti, che noi ci occupiamo di ‘ricondizionare’ prima di donare, altre invece – soprattutto quelle che hanno funzione ‘salvavita’ - dovranno essere nuove e le stiamo cercando a prezzo scontati nelle aziende con cui siamo in contatto”.    

In 7 anni avete assegnato oltre 7000 attrezzature sanitarie a progetti di cooperazione internazionale, soprattutto in Africa, Sudamerica e Asia. Perché donare tecnologie ‘vecchie’ invece che quelle di ultima generazione?
C’è in questo un motivo ben preciso. Spesso in questi paesi è difficile utilizzare le tecnologie più evolute perché può mancare personale in grado di farle funzionare oppure perché sono macchine che richiedono una grande manutenzione specializzata. Le macchine che doniamo, invece, sono un po’ più semplici, magari richiedono un po’ più di lavoro manuale, ma in loco è più facile trovare pezzi di ricambio e reagenti e non si corre il rischio, come purtroppo talvolta accade quando si donano macchinari nuovi, che al primo problema rimangano inutilizzate. Insomma, cerchiamo di scegliere per ogni Paese le macchine più sostenibili.    

Ormai la maggior parte dei processi lavorativi avviene attraverso strumenti informatici e servono dunque dei software specifici, vi occupate anche di questo?

Sì, anche questa è parte del nostro lavoro. Abbiamo stretto nel tempo accordi con le più grandi multinazionali che producono software e riusciamo ad averli a prezzi scontati fino al 95%, e questo ci permette di metterli a disposizione delle onlus, degli ospedali caritatevoli e di altri soggetti non profit ad un prezzo assolutamente accessibile.

 

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