Questo il monito di Marcello Napoli, Coordinatore del Gruppo di Studio sugli Accessi Vascolari della Società Italiana di Nefrologia
L'accesso vascolare rappresenta un punto chiave per la sopravvivenza del paziente in dialisi e numerose evidenze scientifiche hanno ormai dimostrato come le fistole artero-venose (FAV) per emodialisi rappresentino il gold-standard dei trattamenti, in virtù del fatto che gli altri tipi di accesso alle vene centrali (protesi e cateteri venosi centrali) determinano un'alta percentuale di eventi avversi e aumentano significativamente il rischio di decesso nei pazienti dializzati.
Nonostante questo, le statistiche del nostro Paese evidenziano come stia gradualmente aumentando l'accesso alle vene centrali sui pazienti sottoposti a emodialisi a scapito delle FAV, con tutte le conseguenze che ciò comporta e con evidenti disparità di trattamento sull'intero territorio nazionale.
“In alcuni centri italiani la percentuale d'uso della FAV supera il 90% mentre in altri si raggiunge appena il 60%” ha sottolineato Marcello Napoli, coordinatore del Gruppo di Studio sugli Accessi Vascolari della Società Italiana di Nefrologia (SIN) e Direttore dell'Unità Operativa Complessa di Nefrologia e Dialisi dell'Ospedale Santa Caterina Novella di Galatina (LE), intervenuto al Congresso della Società Italiana di Nefrologia in corso a Firenze.
“Per questo motivo – ha aggiunto il professore – noi della SIN stiamo promuovendo iniziative volte a implementare l'uso della FAV su tutti i centri specialistici del territorio nazionale e a formare medici e specializzandi all'utilizzo di questa pratica clinica”.
Tra le iniziative promosse dalla SIN c'è l'ideazione di un “Master di II Livello in Ecografia clinica ed Applicazioni procedurali in Nefrologia” rivolto a specializzandi e specialisti e organizzato dalla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. Ma l'obiettivo futuro è quello di abbattere le barriere della disparità per i pazienti in dialisi, creando centri specialistici di 2° livello su tutto il territorio nazionale, a cui riferire i pazienti nel cui centro di appartenenza non sia possibile allestire accessi con vasi nativi.
"L'obiettivo è quello di creare un centro di riferimento ogni milione di abitanti in cui effettuare ogni tipo di accesso vascolare, dalla FAV al posizionamento di un catetere peritoneale” ha spiegato Marcello Napoli.
In questo modo si garantiranno trattamenti d'eccellenza a tutti i pazienti dialitici della Penisola, favorendo anche un possibile aumento nel numero di dialisi peritoneali a domicilio.