Il sistema potrebbe essere concorrenziale agli attuali comunicatori, che non sono nemmeno compresi nel nomenclatore degli ausili e delle protesi
Essere affetti dalla sindrome Locked In vuol dire anche non potersi esprimere verbalmente. I movimenti che rimangono a questi malati sono pochissimi, spesso solo quello degli occhi. Eppure con questa malattia si può vivere anche più di 10 anni e poter comunicare con gli altri diventa fondamentale, sia per mantenere la vita sociale che per poter esprimere bisogni e volontà. A volte gli ausili disponibili, posto che si riesca ad ottenerli, non si adattano al malato. Trovandosi esattamente in questa condizione Luigi Ferraro, presidente di Lisa Onlus, che per sua moglie li aveva provati tutti senza risultato, si è rimboccato le maniche e, con l’aiuto di un amico informatico, si è messa a lavorare ad un software in grado di adattarsi meglio alle esigenze dei malati Locked In. “Il lavoro è quasi terminato – racconta Ferraro – e a breve questo software, che in tutto ci sarà costato 500 euro, sarà disponibile sul nostro sito in open source, chiunque potrà provarlo e magari, chissà, riuscirà finalmente a trovare il sistema informatico che gli permetterà di esprimersi con facilità”. “Mia moglie – racconta ancora – ha ormai sviluppato il suo modo di comunicare con noi attraverso gli occhi. Parla con me, con i figli e con tutti quelli che le sono abitualmente vicini alla velocità della luce, si fa capire se ha bisogno di qualche cosa o anche solo se vuole andare a fare un giro”. È una cosa che con il tempo succede nella maggior parte delle famiglie in cui c’è un malato con questa patologia, per loro ci sono anche dei particolari alfabeti, uno di questi, costruito da ricercatori francesi per le esigenze italiane, si basa sulle lettere più ricorrenti del nostro alfabeto ed è liberamente disponibile sul sito di Lisa Onlus.
Ci sarebbero però anche strumenti più evoluti per le persone affette da questa e simili patologie; comunicatori e meccanismi informatici che aiutano ad esprimersi. Possono essere una sorta di mouse che ci collega alla fronte o i più noti comunicatori vocali a puntamento mono o bi oculare. Che esistono sì, ma con due gravi problemi. Intanto ogni malato è diverso ed occorre per ciascuno, secondo il movimento residuo, individuare quale tipo di comunicatore si adatta, e può anche darsi che nessuno sia utilizzabile.
Il secondo problema è quello della disponibilità di questi costosi comunicatori che non sono compresi nell’elenco del nomenclatore degli ausili e delle protesi attualmente inserito nei LEA e che non aggiornato da anni. Per far sì che i malati possano avere accesso a questi strumenti anni fa il Ministero della Salute aveva previsto un fondo da ripartire tra le Regioni; queste avrebbero dovuto recepirlo e stabilire dei percorsi di erogazione specifici; non tutte però l’hanno fatto e in genere si tratta di percorsi lunghi, burocraticamente pieni di ostacoli e che non sempre si concludono positivamente.