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Io non mi sono mai ammalato. Io mi sono vaccinato ma non è servito. Io mi vaccino sempre. Io non credo nei vaccini. L’opinione degli italiani è molto varia quando si parla di vaccinazione influenzale: c’è chi ci crede ciecamente, chi ha dei dubbi e chi invece aprioristicamente nega l’utilità della profilassi. La scienza, in ogni caso, dimostra che la vaccinazione rappresenta, specie per le popolazioni a rischio, una misura di prevenzione fondamentale sia per il singolo sia per il sistema sanitario.

Nell’inverno appena trascorso si è osservato un calo significativo del numero di vaccinati in Italia ed è cresciuto di conseguenza il numero di quanti hanno avuto complicanze gravi. Sono stati segnalati 485 casi gravi e 160 decessi da influenza confermata da 19 regioni e province autonome; l’85 per cento dei casi gravi è stato segnalato da 7 Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Puglia). Solo il 7,6 per cento dei casi gravi segnalati al sistema di raccolta dati è risultato vaccinato.

Un nuovo vaccino, per difendersi meglio

Oggi, dopo decenni di sostanziale staticità nella ricerca sui vaccini per l’influenza, la scienza può segnare un nuovo traguardo, disponibile anche in Italia. Per la prima volta è stato infatti messo a punto un vaccino quadrivalente, attivo quindi non solo sui due ceppi virali di tipo A e sul ceppo B indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come maggiormente attesi per l’inverno in corso, ma anche con l’altro ceppo B in circolazione. Insomma: il vaccino “si fa in 4”: e non si tratta solo di una novità lessicale, visto che questo è uno dei più popolari modi di dire della lingua italiana e sta a sottilineare l’impegno che uno profonde, oltre anche i propri limiti, per dare una mano a qualcuno, portare avanti un progetto, raggiungere un obiettivo. Ciò che più conta, secondo gli esperti, è che grazie a questo vaccino sarà possibile proteggere un numero maggiore di persone. A indicarlo sono anche i dati provenienti dall’Australia, Paese in cui l’influenza precede di circa sei mesi quanto avverrà nel Vecchio Continente e in Italia. Nel corso delle prime settimane dell’epidemia influenzale del 2015, l’influenza B ha pesato per il 67 per cento nei casi di test positivi al virus nel Nuovo Galles del Sud. Nel 41 per cento questi virus hanno interessato bambini e adolescenti, e nel 28 per cento dei casi sono risultati dovuti al ceppi B/Victoria non presente nel vaccino trivalente.

Le caratteristiche del vaccino quadrivalente
Il vaccino quadrivalente per l’influenza stagionale è un vaccino a virus inattivato, indicato a partire dai 3 anni di età, che protegge contro i 4 sierotipi virali solitamente circolanti, vale a dire i virus A H1N1 e H3N2 e i virus B Victoria e Yamagata. Perché è importante questo aumento di protezione? Finora la protezione primaria era effettuata mediante l’impiego di vaccini trivalenti, a virus ucciso, contenenti gli antigeni relativi a due sottotipi A (H1N1 e H3N2) e a un solo virus B (Victoria o Yamagata), sulla base delle raccomandazioni fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’inclusione di un sottotipo o lineaggio B nel vaccino, piuttosto che dell’altro, dipendeva  dalle  previsioni fatte a febbraio di ogni anno, sulla base della distribuzione dei virus influenzali dell’anno precedente a quello di introduzione del vaccino. A partire dagli anni 2000 si è però assistito alla co-circolazione dei due lineaggi B in ogni stagione influenzale, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2012 ha manifestato la necessità per la sanità pubblica di un vaccino quadrivalente che superasse i problemi legati alla mancata protezione verso i virus B, che porta ad un’aumentata incidenza di morbilità e mortalità. Come è accaduto nella coda influenzale della scorsa primavera, che ha ulteriormente aggravato una stagione oltremodo pesante, dovuta ad un corto circuito comunicativo per un allarme poi risultato infondato su un lotto di vaccino.In Europa, dal 2003-2004 fino al 2011-2012, in più della metà delle stagioni si è verificato il fenomeno del B-mismatch. Ad oggi i dati italiani sul B-mismatch sono limitati a rilevazioni regionali. In Liguria, in quattro stagioni su dieci, dal 2001/2002 al 2011/2012, si è verificata la co-circolazione di entrambi i lineages B (mismatch parziale) e in una stagione vi è stato mismatch totale (2008-2009). In Lombardia, invece, nel corso di dieci stagioni influenzali (da 2004-2005 a 2013-2014), si è verificato B-mismatch totale in tre stagioni (2005-2006, 2006-2007 e 2009-2010) e B-mismatch parziale in una (2010-2011).

Il valore per il singolo e il sistema sanitario del nuovo vaccino
Negli studi clinici, il vaccino quadrivalente sviluppato da GSK ha dimostrato, in tutte le popolazioni studiate, di indurre una risposta immunologica non inferiore ai vaccini trivalenti verso i ceppi virali in comune, indicando l’assenza di interferenza immunologica a seguito dell’aggiunta di un quarto ceppo virale; è inoltre risultato superiore dal punto di vista immunologico verso il ceppo B non presente nei vaccini trivalenti di confronto. Il vaccino ha inoltre dimostrato di avere un profilo di sicurezza e reattogenicità clinicamente accettabile e sovrapponibile a quello dei vaccini trivalenti con i quali è stato confrontato. I dati scientifici dimostrano inoltre come l’introduzione del vaccino quadrivalente porti benefici in termini di riduzione dei casi d’influenza e potenziali riduzioni di consumo di risorse associate a ospedalizzazioni e trattamenti ambulatoriali dovuti a complicanze dell’influenza. Nell’analisi di costo-efficacia contenuta nel Rapporto Hta realizzato sul vaccino,  si è stimato che l’uso del vaccino antinfluenzale quadrivalente porterebbe a una riduzione rispetto alla vaccinazione con il trivalente di 1.413.887 casi d’influenza, 169.638 complicanze (di cui 41.862 trattate in ospedale mentre il restante 127.776 a livello ambulatoriale) e 20.905 morti, considerando tutta la popolazione italiana e un orizzonte temporale lifetime.

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