Stampa

Malattie neuromuscolari, prof. Francesco MuntoniOligonucleotidi antisenso, terapia genica, RNAi, CRISPR: tante le strategie in via di sviluppo.
Il prof. Francesco Muntoni: “Essenziale la diagnosi precoce, per avviare il trattamento prima che si verifichino danni muscolari”

Londra (REGNO UNITO) – “Stiamo vivendo un momento molto entusiasmante, con un'esplosione di approcci nuovi”. Anni di speranze, cambiamenti, ma anche e soprattutto di risultati concreti per la cura delle malattie neuromuscolari, dei quali il professor Francesco Muntoni è stato testimone e in parte attore. Cagliaritano, si è trasferito a Londra nel '93 e oggi è ordinario di neurologia pediatrica e direttore del Dubowitz Neuromuscular Centre presso l'UCL Great Ormond Street Institute of Child Health della capitale britannica. I suoi studi si concentrano principalmente sulle malattie neuromuscolari ereditarie più diffuse: la distrofia muscolare di Duchenne (DMD) e l'atrofia muscolare spinale (SMA).

Negli ultimi tre decenni, la scoperta dei geni sottostanti a queste patologie si è estesa notevolmente e ha aperto scenari prima insperati. Il progresso della scienza, infatti, ha permesso una diagnosi più precisa di questi disturbi e lo sviluppo di approcci terapeutici specifici, che hanno come obiettivo la base genetica di tali patologie e i loro percorsi patofisiologici. Una ricerca che, fra il 2016 e il 2017, ha portato all'approvazione di due importanti terapie da parte della Food and Drug Administration statunitense: eteplirsen (nome commerciale Exondys 51), autorizzato negli Stati Uniti per la Duchenne, e nusinersen (Spinraza®), approvato per la SMA sia dalla FDA che dall'EMA. Entrambi sono degli oligonucleotidi antisenso, molecole efficaci nell'alterare lo splicing dell'RNA, più precisamente dell'RNA pre-messaggero (pre-mRNA).

Sono decine le sperimentazioni cliniche in corso per queste malattie: la revisione appena pubblicata dal prof. Muntoni offre una completa e precisa panoramica di questi trial. Scritta con la dr.ssa Mariacristina Scoto (dello stesso Centro Dubowitz di Londra), il prof. Richard Finkel (University of Central Florida College of Medicine di Orlando, Florida) e il prof. Eugenio Mercuri (Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma), è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista The Lancet – Child & Adolescent Health. Nel loro lavoro, gli esperti non hanno trattato solo la Duchenne e la SMA, ma anche altre patologie simili ed estremamente più rare, come la distrofia muscolare dei cingoli di tipo 2E, la neuropatia assonale gigante e la miopatia miotubulare legata all'X.

“In questi anni abbiamo potuto assistere al passaggio da un'idea, da una base sperimentale, a terapie ormai disponibili in molti Paesi”, sottolinea Muntoni. “La maggior parte dei trial riguarda gli oligonucleotidi antisenso, delle piccole molecole che funzionano come dei 'cerotti molecolari' somministrati in maniera ripetitiva, che non correggono il gene ma la maniera in cui si esprime”.

Un altro metodo sperimentato con successo è quello di 'ignorare' le mutazioni “non senso” - cioè di stop, di interruzione del codice genetico - con un farmaco (ataluren, nome commerciale Translarna) che nel 2014 ha portato all'approvazione condizionata da parte dell'EMA della prima terapia orale per i bambini Duchenne con questo tipo di mutazioni.

Grandi speranze sono riposte anche nella terapia genica, che prevede l'introduzione nel paziente di frammenti di DNA contenenti geni sani, solitamente veicolati nell'organismo da un vettore virale. Una correzione definitiva del difetto, che rappresenterebbe un enorme vantaggio: infatti molte aziende farmaceutiche, proprio in questi mesi, stanno pianificando, o hanno già fatto partire, dei trial di Fase I su bambini con Duchenne o con SMA.

Entusiasmo un po' più contenuto, invece, per le 'forbici molecolari', come viene chiamato l'editing genomico CRISPR-Cas9: “Questa tecnica ha dimostrato qualche problema in termini di specificità e sicurezza, per cui al momento non è possibile utilizzarla in vivo”, prosegue il prof. Muntoni. “Il sistema CRISPR comporta un'alterazione definitiva del gene, e una volta che il processo è andato oltre, non si può più tornare indietro. Per ora, la procedura non è controllata a tal punto da poterla somministrare in maniera sistemica: si applica, quindi, in un contesto ex vivo, per poi reintrodurre nell'organismo le cellule geneticamente modificate. Questo approccio è utilissimo nelle malattie del midollo sanguigno, ma non, al momento, per le distrofie muscolari. Nonostante ciò, tutto può cambiare nei prossimi anni, perché si tratta di un campo in continua evoluzione”.

Qualunque sarà la tecnica che in futuro si imporrà come la più efficace, la costante, nelle malattie neuromuscolari, resta la diagnosi precoce: “Queste terapie – conclude Muntoni – sono in grado di proteggere il sistema neuromuscolare esistente al momento dell'intervento, ma bisogna agire prima che il livello dei danni sia troppo avanzato, quindi il prima possibile”.

Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni