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L’obiettivo è individuare mezzi per poter cercare soluzioni alle patologie e ridurre il disagio e la sofferenza dei pazienti, sia con la ricerca che con l’intervento sociale

Durante un recente incontro sulle Malattie Rare organizzato a Roma dall'Associazione Dossetti si è discusso della Legge 648 del 1996, la quale regola l'accesso ai farmaci non ancora autorizzati sul territorio, ma la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati, per una specifica indicazione quando non vi sia ancora alternativa terapeutica.
In occasione di tale evento l'Onorevole Paola Binetti è stata intervistata da Pharmastar e si è espressa in merito alla mozione che ha presentato in Parlamento per aumentare la tutela ai pazienti affetti da patologie rare.

“Tutelare un paziente affetto da malattie rare oggi – ha spiegato Binetti - significa prendersi in carico una diagnosi tempestiva della sua patologia, significa individuare mezzi per poter nella misura del possibile curare questa patologia o comunque ridurne il disagio e la sofferenza e quindi significa potenziare l'attività di ricerca, ma nello stesso tempo significa ricordare che spesso un paziente affetto da malattia rara lo è per tutta la vita quindi richiede anche un intervento sul piano sociale importante, continuativo e qualificato.”

Come è stata accolta la mozione dal Parlamento?
“La mozione è stata accolta con un grandissimo successo nel senso che è stata vota a maggioranza, diciamo completa, da tutte le parti sociali. Perché quando il Parlamento presenta una mozione, in questo caso un disegno di legge, che viene immediatamente recepito come un servizio diretto, concreto e positivo ai cittadini, i Parlamentari sono capaci di dare un segno di grande qualità politica, un segno di buona politica.”

Come lei ha anticipato la mozione prende in esame tre macro-argomenti: i pazienti, la ricerca ma anche diciamo così il contributo delle aziende farmaceutiche. Cominciamo dai pazienti, cosa dice la mozione sui pazienti?

“Ci troviamo oggi davanti al fatto che abbiamo un disegno di legge già approvato che tutela il paziente che riesce a poter dimostrare che la sua è una malattia rara quindi noi abbiamo dei pazienti che ci chiedono questo: ‘Offritemi la diagnosi di malattia rara perché già soltanto questa rappresenta un passaporto per poter godere di una serie di facilitazioni, per altro diverse da regione a regione, però una serie di facilitazioni.’
Parliamo di ticket, ma anche di disponibilità di farmaci che magari non sono ancora in commercio per esempio e che in alcune regioni vengono messi a disposizione dei pazienti ed in altre regioni ancora no.  Diciamo che una volta che questo sia stato raggiunto, noi dobbiamo riuscire ad andare oltre queste disparità regionali. Per quale ragione, perché noi abbiamo bisogno che i livelli essenziali di assistenza includano in modo chiaro, inequivocabile e tempestivo tutte quelle che sono le malattie rare. Attualmente ci sono oltre cento malattie che sono state diagnosticate come malattie rare che non sono incluse nei LEA e che quindi non permettono ai pazienti di godere dei benefici a cui avrebbero diritto. Questa è una delle parti importanti di questa mozione.”

Secondo punto è la ricerca. Cosa chiede lei per la ricerca sulle malattie rare?

“Stiamo parlando di una ricerca che è destinata a produrre quelli che si chiamano anche “farmaci orfani”, quindi farmaci che saranno utilizzati da un numero molto ristretto di pazienti. Questo rende poco appetibile sul piano commerciale la ricerca nel campo delle malattie rare. Noi chiediamo con questa mozione che la ricerca possa contare su aiuti specifici che attingano le loro ragioni a quelli che sono i principi Costituzionali: il diritto alla salute dei pazienti, il fatto che siamo tutti uguali. Non ci sono discriminazioni, l'abbiamo detto tante volte, di nessun tipo. Non devono esserci evidentemente nemmeno discriminazioni sulla base della patologia che i pazienti presentano, quindi noi chiediamo che la ricerca venga davvero agevolata in questi settori e che le case farmaceutiche che si dispongono a creare delle alleanze virtuose tra centri di ricerca ad esempio universitari e centri di ricerca delle stesse case farmaceutiche si possono stabilire delle alleanze che rendono possibile sperimentare in modo significativo anche se il ritorno non è strettamente economico.”

Cos'altro ha chiesto per le aziende farmaceutiche?
“In particolare noi per le aziende farmaceutiche abbiamo chiesto una sorta di fiscalizzazione. Sappiamo tutti quanto sta pesando in questo momento sul Parlamento e sul Paese questa sorta di patto fiscale che obbliga ad avere un equilibrio interno molto veloce, a volte direi molto efficace da un punto di vista ma anche quando si tratta di malattie rare molto difficile da conseguire, quindi noi chiediamo che le aziende possano contare su facilitazioni concrete e reali proprio perchè non stanno
facendo un lavoro per (chiamiamolo così) scopo di lucro, ma intervengono in quello che potrebbe essere un patto di etica sociale di impresa.”

Il punto sette della mozione chiede anche di rivedere ciò che riguarda il tema dei farmaci orfani e delle malattie rare e quanto stabilito dalla legge finanziaria 111 del 2011. Ci spiega esattamente cosa intende?
“A nessuno sfugge che questa legge finanziaria è stata fatta per un periodo di crisi e che da allora ad oggi la crisi è peggiorata. Quindi ci troviamo davanti ad una situazione che è in qualche modo fortemente mortificante sul piano degli investimenti per la sanità, per la ricerca e sul piano degli investimenti per lo sviluppo, perché non ci dimentichiamo che le industrie farmaceutiche sono tra i soggetti più interessanti dal punto di vista dello sviluppo. Noi quando pensiamo alla ricerca la pensiamo soltanto collocata nel Ministero della Salute ma questa è una ricerca che parla e parla, anche con numeri molto interessanti in termini di bilancio anche per quello che riguarda il Ministero dello Sviluppo. Però tutto è in crisi. E' in crisi lo stesso sviluppo, se c'è al momento uno slogan forte che il Paese chiede è “MENO TASSE, PIU’ SVILUPPO”. In questo contesto la Finanziaria del 2011 risulta una finanziaria capestro, un po' per queste strutture, per molti di questi malati e per molte di queste imprese. Invece di creare un volano positivo, che crea posti di lavoro e che crea anche dati che mettono in qualche modo in movimento anche altri aspetti della vita sociale, sembra un po' mortificante.”

Cosa stabilisce a livello di spesa ospedaliera? Cosa viene normato?

“A livello di spesa ospedaliera immagini che quello che viene realmente normato è un criterio che tende a ridurre non solo quelli che sono gli sprechi, non solo quelli che sono in qualche modo la necessità di una riorganizzazione. Pensi per esempio al blocco delle assunzioni, pensi alla riduzione pro capite del costo di ogni paziente, pensi rispetto a tutto quello che riguarda la riduzione dei progetti, di progetti innovativi. Tutto è per come dire, una sorta di grande castello della Bella Addormentata, in cui tutto è fermo. Insisto sono ferme le assunzioni, con tutto quello che significa in termini concreti di qualità di assistenza ai pazienti, soprattutto ai pazienti cronici, sono fermi quelli che sono i progetti di ricerca, in molti casi sono difficoltosi anche gli stessi approvvigionamenti terapeutici per i pazienti. Ora è vero, è verissimo che la prima responsabilità deve essere quella della razionalizzazione della spesa, quella di creare dei luoghi e dei modi percui si possano creare dei costi standard effettivi, mantenibili, efficaci però è anche vero che noi dobbiamo considerare che la salute non è un valore aggiunto, la salute è un diritto fondamentale e questo fa la differenza tra l'Italia e gli Stati Uniti. Mentre nelle politiche degli Stati Uniti la salute è un bene, ed è un bene in gran parte lasciato alla libera iniziativa del soggetto, in Italia la salute è un diritto e quindi è qualcosa che impegna profondamente proprio le forze di governo e le forze politiche.”

Poi c'è il problema dello sfondamento delle spese ospedaliere, che è praticamente fisiologico visto che siamo già al doppio negli ultimi anni rispetto a quello che è stato stabilito per legge, che dovrebbe essere ripianato o almeno parzialmente dalle aziende.
“Diciamo che il governo non lo considera affatto fisiologico questo sfondamento e probabilmente molti di noi, in Parlamento, non lo considerano fisiologico lo sfondamento. Quello che si chiede è però un ripensamento importante. Adesso noi stiamo per licenziare un disegno di legge sul governo clinico che guarda con grande attenzione anche a questi aspetti che sono il bilancio, ma attenzione che il bilancio non può intendere consegnare i cittadini alla loro sofferenza perché questo significa mortificare anche il mondo del lavoro, la qualità di vita delle persone in famiglia, la qualità di vita nel contesto sociale. Ridurre deve essere responsabilità degli assessori, soprattutto degli assessori regionali, tenuto presente che il bilancio regionale della sanità oscilla tra l'80 e l'85 per cento, laddove lascia il 15 per cento restante per tutto il resto: scuole, strade, incentivo di qualunque tipo, genere, specie, quindi gli assessori regionali hanno una grande responsabilità in questo senso. Non si tratta di tagliare solo, si tratta di capire cosa taglio, come taglio, perché taglio, per chi taglio.”

Ha lanciato un bel sasso nello stagno, quali saranno i prossimi passi onorevole?
“Questa sorta di benevola concessione, che si traduce nel parere positivo che il Ministro della salute ed il Governo stesso hanno dato alla nostra mozione, ma dopo la quale non è successo nulla. Noi vogliamo come minimo meno consenso formale e più iniziative concrete che possano permettere ai pazienti di guardare alla loro vita con maggiore serenità, di guardare alle loro famiglie con maggiore capacità di supporto operativo, perché non c'è dubbio che in questo momento le famiglie sono lasciate davvero sole!”



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