Stampa

Le famiglie vanno incontro a grandi spese, per chi non ha l’esenzione la situazione precipita

A  10 anni dalla nascita della rete italiana per le malattie rare qualche miglioramento comincia a vedersi, ma la strada da fare è ancora lunga e, nel frattempo, le persone affette da questi mali sono costrette a vivere un doppio disagio: da una parte quello della malattia e dall’altro quello dalla rarità. Una rarità che non è solo quella di altri malati con cui confrontarsi ma anche di centri ospedalieri vicini adeguati alle proprie esigenze, di farmaci e spesso anche di una diagnosi veloce. Di queste condizioni si è parlato ieri in occasione della presentazione dello ‘Studio pilota. Costi sociali e bisogni assistenziali nelle malattie rare’, a cura di Amedeo Spagnolo, Simone Montagnoli, Maria Avolio e Graziano Arbosti elaborato dal Centro studi Inail (ex Ispes) e promosso dalla Fondazione Irccs Istituto neurologico Carlo Besta dove attualmente vengono seguite più di 120 differenti malattie rare. Il rapporto è a disposizione di tutti e può essere anche richiesto telefonicamente alla fondazione chiamano il numero  02-23944029. Veniamo ad alcuni dati, in cui certamente si riconosceranno molti dei lettori di Osservatorio Malattie Rare. Complessivamente, sono oltre un milione gli italiani che convivono con una delle circa 6 mila patologie rare finora censite in Italia – ma che sono stabilite in circa 8.000 nel mondo secondo le attuali conoscenze scientifiche. Quasi il 20 per cento dei pazienti ha avuto la diagnosi esatta del suo male dopo 10 anni di visite e giri per diversi centri ospedalieri. Una percentuale ancora alta, ma minore di quella che veniva segnalata qualche anno fa, segno che anche tra i medici l’attenzione e la conoscenza delle malattie rare sta aumentando e che si riesce in tempi meno lunghi ad indirizzare i pazienti verso gli accertamenti più adeguati.
Rimane il problema della distribuzione dei centri. Se da una parte è nella ragione stessa dell’organizzazione della rete il fatto che non possano esserci centri di riferimento per le malattie rare in ogni città, e talvolta nemmeno in ogni Regione – questo per permettere ai medici dei centri specializzati di poter valutare un numero maggiore di casi e offrire una migliore competenza – dall’altra è anche vero che, forse, c’è attualmente una contrazione di centri troppo elevata. Un problema sentito non tanto per la diagnosi ma soprattutto per tutte le fasi che la seguono. Così molti pazienti sono costretti a viaggi anche frequenti per poter ricevere l’assistenza medica più adeguata.
Va peggio a chi vive al sud: secondo il rapporto presentato ieri il 77 per cento dei malati del meridione si sposta non solo fuori dalla propria città ma fuori regione. Una situazione che diventa più problematica se la necessità dei viaggi si manifesta per tutte le visite successive alla diagnosi, a volte per le terapie di routine, e che indica la mancanza sul territorio di strutture adeguatamente attrezzate, anche dal punto di vista delle competenze e informazioni, per seguire il malato nelle fasi prevedibili del decorso della malattia. Il disagio, poi, non si limita al viaggio ma investe anche la sfera economica della famiglia del malato ben oltre i semplici costi di spostamento.
Emerge infatti dal rapport che queste famiglie affrontano spese che spesso si aggirano intorno alle 500 euro, ma che talvolta possono anche superare i mille euro al mese. Inoltre, quando ad ammalarsi è un bambino – come avviene nella maggior parte dei casi - almeno uno dei due genitori lascia o riduce gli impegni lavorativi: una combinazione di fattori che avvicina molte di queste famiglie alla soglia di povertà, con il 16 per cento che finisce al di sotto e con una su 5 contrae debiti. Per quei malati che hanno patologie che rientrano nell’elenco di quelle esenti almeno i ticket per farmaci, cure ed esami non ci sono, tutt’altra storia invece per quelle malattie lasciate ‘orfane’ anche dalla legge e che stanno sempre più insistentemente chiedendo un aggiornamento della lista nazionale delle esenzioni ferma al 2001. Una ridefinizione più volte annunciata, l’ultima volta dal Ministro Fazio il 28 febbraio scorso, ma della quale ancora non si hanno notizie circa una possibile copertura economica, che dipende dal Ministro Tremonti.






Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni