Dare una parte dei propri polmoni sani a chi invece li abbia compromessi, non come donazione degli organi dopo la morte, ma in vita. Ciò che viene già praticato in diversi centri di trapianto nordamericani e giapponesi, e sporadicamente in alcuni centri europei – cioè il trapianto di polmone da vivente – potrebbe presto divenire una realtà anche nel nostro paese. La commissione Affari sociali della Camera, infatti, inizierà la prossima settimana l'esame della proposta di legge presentata da Giuseppe Palombo (Pdl) che inserirebbe i polmoni tra gli organi di cui si possa eccezionalmente disporre da vivi, esattamente come il rene o una parte di fegato. La proposta è accolta con favore dal Centro Nazionale Trapianti, anche se, ha spiegato il direttore, Alessandro Nanni Costa, “potrà essere utile con precise indicazioni, in particolare per i casi di bambini affetti dafibrosi cistica”. “L'esperienza maturata nel corso degli anni, anche grazie alle acquisizioni scientifiche e al continuo perfezionamento delle tecniche chirurgiche – si legge nella relazione che accompagna la proposta di legge - ha reso possibile, con ampi margini di successo, il trapianto polmonare lobare da donatore vivente mantenendo un ridottissimo rischio di morbilità e di mortalità del soggetto donante e in assenza di menomazioni significative della sua integrità fisica. I donatori di lobo polmonare a scopo di trapianto sono individui sani e con un'aspettativa di vita ottimale. Nel 2006, i maggiori esperti mondiali nel campo del trapianto da donatore vivente si sono riuniti a Vancouver (Canada) per raccogliere le proprie esperienze cliniche e produrre un documento analitico a uso della comunità scientifica, pubblicato sulla rivista Transplantation. In questo documento è analizzata l'esperienza clinica di 550 casi di donatore di polmone da vivente. Significativamente, non viene riportata alcuna mortalità negli individui donatori. L'incidenza di complicanze intra-operatorie rilevanti nei donatori risulta del 4 per cento. Circa il 5 per cento dei donatori hanno avuto una complicanza tale da richiedere un ulteriore intervento chirurgico o endoscopico”.
Nell’ampia relazione vengono poi citati anche altre pubblicazioni scientifiche a supporto della bontà di questa legge. C’è ad esempio un altro studio, americano, risalente al 2006 e pubblicato su Journal of Heart and Lung Transplantation un'analisi dei risultati funzionali dei pazienti sottoposti a prelievo di lobo polmonare da donatore vivente. Viene riportata una diminuzione media della capacità vitale forzata (FVC) e del volume espiratorio forzato in 1 secondo (FEV1) dei donatori fino a rispettivamente il 30 per cento e il 20 per cento dei valori pre-intervento. Questi valori di funzionalità respiratoria, se confrontati con la media nazionale statunitense, sono comunque ampiamente entro i limiti dei valori fisiologici. I medesimi pazienti, sottoposti a test soggettivi di soddisfazione sulla qualità di vita fisica e mentale hanno riportato risultati più alti della media nazionale statunitense.
“Si può pertanto ragionevolmente dedurre – si legge nella relazione - in base ai dati disponibili dalla letteratura, che l'individuo sottoposto a intervento di donazione di lobo polmonare a scopo di trapianto sia in grado, un volta superata la fase critica peri-operatoria, di recuperare completamente una funzionalità respiratoria e una qualità di vita completamente normali. Sebbene la donazione di un lobo polmonare non sia in grado, nella maggior parte dei casi, di provvedere al bisogno dei pazienti affetti da insufficienza respiratoria terminale, essendo necessaria la donazione di due lobi polmonari contemporaneamente da due differenti donatori, e benché, da questo punto di vista, la complessità organizzativa e tecnica del trapianto polmonare da donatore vivente risulti maggiore rispetto al trapianto da vivente di altri organi, dove un solo donatore è sufficiente per ottemperare le necessità dell'individuo ammalato che deve essere trapiantato, tuttavia i benefìci dell'avvio di un programma di trapianto polmonare da donatore vivente sulla popolazione di pazienti affetti da insufficienza respiratoria terminale in Italia sono facilmente rilevabili”.