Dovrà essere vagliata l'ipotesi di trattare precocemente i bambini asintomatici, per ritardare la degenerazione neurologica
ROMA – L'atassia telangectasia è una malattia rara ereditaria, che si trasmette come carattere autosomico recessivo e che ha, nella sua forma classica, una prognosi infausta. È caratterizzata da danni neurologici (progressiva atassia cerebellare, neuropatia periferica assonale, aprassia oculomotoria, e disturbi del movimento come distonia, coreoatetosi, mioclono, tremore, parkinsonismo). Altri sintomi sono teleangectasie, ricorrenti infezioni sinopolmonari, predisposizione al cancro, aumento dell'alfa-feto proteina, diminuzione dei livelli di immunoglobuline A ed elettrosensibilità.
La malattia è causata da mutazioni bialleliche nel gene ATM, che svolge un ruolo fondamentale nel controllo del ciclo cellulare. La gestione dei pazienti, nonché la prognosi, dipende dalla gravità del fenotipo; ad oggi sono disponibili solo terapie sintomatiche.
Un studio italiano, pubblicato sulla rivista Journal of Rare Disorders: Diagnosis & Therapy ha esaminato i nuovi approcci terapeutici alla luce delle più recenti segnalazioni in letteratura. Gli autori della ricerca sono Luciana Chessa, dell'Università La Sapienza di Roma, Roberto Micheli e Anna Molinaro, degli Spedali Civili e dell'Università di Brescia.
Negli ultimi vent'anni, l'aspettativa di vita degli individui con atassia telangectasia è aumentata considerevolmente; la maggior parte ora vivono oltre i 25 anni. L'incidenza della popolazione generale è stata stimata tra 1 su 40.000 nati vivi (negli Stati Uniti) e 1 su 400.000. Uno studio epidemiologico condotto su 72 famiglie dal Registro italiano per l'atassia telangectasia ha stabilito, sulla base della parentela, una frequenza teorica della malattia ben più alta: 1 paziente su 7.090 concepimenti.
Il parere degli autori è che entrambi gli approcci terapeutici attuali, vale a dire i farmaci dopaminergici e i glucocorticoidi, siano promettenti nell'aiutare i pazienti e rallentare la progressione della malattia. Se però si considerano i risultati ottenuti fino ad ora, bisogna tenere conto della scarsa conoscenza riguardo alle risposte dei singoli a una data terapia.
A causa della grande eterogeneità della malattia, un certo numero di soggetti non risponde a nessuno dei due approcci terapeutici. Comprendere le ragioni che fanno di un individuo un buon risponditore sarà di grande aiuto per la pianificazione della migliore terapia individuale. Un'altra ipotesi che dovrà essere vagliata è la possibilità di trattare precocemente i bambini asintomatici, per ritardare la degenerazione neurologica.