Le terapie mirate, ad ogni modo, migliorano la sopravvivenza in questa rara associazione di anomalie cardiovascolari
MONACO DI VESTFALIA (GERMANIA) – La sindrome di Eisenmenger è un'associazione rara e complessa tra anomalie cardiovascolari, caratterizzata da ipertensione polmonare con shunt bidirezionale o inverso con comunicazione intracardiaca o aorto-polmonare. Di solito si sviluppa prima della pubertà, ma può insorgere anche nel periodo adolescenziale o all'inizio dell'età adulta. Colpisce sia i maschi che le femmine e la sua prevalenza esatta non è nota.
Uno studio, pubblicato sulla rivista European Heart Journal, ha illustrato le prospettive di sopravvivenza – scarse in modo allarmante – dei pazienti con sindrome di Eisenmenger, basate su dati a livello di comunità, anche nell'epoca attuale, con terapie avanzate e in un paese con un ricco sistema sanitario come la Germania. I pazienti mai trattati in precedenza hanno avuto tassi di mortalità particolarmente elevati, che si avvicinano al 60-70% a 10 anni di follow-up.
I partecipanti sono stati sistematicamente identificati dal Registro Nazionale tedesco per i difetti cardiaci congeniti. Sono stati raccolti i dati sulla diagnosi di fondo, sulla terapia medica e sulla sopravvivenza. L'impatto delle terapie sulla sopravvivenza è stato valutato utilizzando delle analisi di Cox tempo-dipendenti.
Nel complesso, sono stati inclusi 153 pazienti con sindrome di Eisenmenger (età media 34 anni, per il 46% donne). Di questi, 88 (il 57,5%) sono stati trattati con almeno una terapia (76,1% bosentan, 20,5% sildenafil) mentre il 17,6% era in doppia terapia. Inoltre, il 24,8% dei pazienti ha ricevuto digossina, il 10,5% inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina o antagonisti del recettore dell'angiotensina, e 17,6% dei beta-bloccanti. Il 17,6% dei pazienti, infine, è stato trattato con anticoagulanti orali, mentre il 23,5% dei pazienti ha ricevuto aspirina.
Il tasso di sopravvivenza a 1, 5, e 10 anni di follow-up è stato solo del 92, 75 e 57% in tutta la coorte, ed è stato ancora peggiore nei pazienti mai sottoposti a queste terapie (tasso di sopravvivenza 86, 60 e 34% a 1 , 5 e 10 anni). Ciò nonostante, l'uso di terapie mirate è stato associato a una migliore sopravvivenza.