Stampa

Il termine generico di neuropatia definisce tutte quelle patologie che colpiscono il sistema nervoso periferico, recando danni ai neuroni motori e sensoriali e provocando una vasta gamma di sintomi che includono debolezza muscolare, intorpidimento e dolore. Negli Stati Uniti, un team di scienziati del National Institutes of Health (NIH) ha condotto, in collaborazione con la Vanderbilt University (Tennessee) e la Yale School of Medicine (Connecticut), uno studio che ha permesso di identificare la causa genetica di una rara forma di neuropatia pediatrica progressiva.

I ricercatori del NIH hanno esaminato un bambino di 10 anni che, essendo affetto da una neuropatia progressiva ad esordio precoce, presentava segni di ridotta funzionalità motoria e di una sostanziale compromissione della capacità di camminare e afferrare gli oggetti. Grazie alle moderne tecniche di sequenziamento del genoma, è stato possibile scoprire che il paziente manifestava una particolare mutazione nel gene SLC12A6, che codifica per il 'cotrasportatore 3 del cloruro di potassio' (KCC3). Normalmente, la proteina KCC3 partecipa al mantenimento dell'equilibrio osmotico dei neuroni, agevolando l'espulsione dei liquidi che si accumulano all'interno delle cellule nervose.

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Science Signaling, rivelano che la mutazione scoperta dai ricercatori americani conferisce a KCC3 un 'guadagno di funzione', ossia l'azione della proteina viene potenziata dal difetto genetico e, di conseguenza, i neuroni finiscono per essere danneggiati da un'eccessiva perdita di liquidi.

I ricercatori hanno replicato la stessa mutazione in un modello di topo, notando che gli esemplari, a causa di una riduzione nella capacità dei neuroni di inviare segnali ai muscoli, evidenziavano deficit fisici simili a quelli riscontrati nel bambino malato, compresa una serie di difficoltà di movimento e coordinamento. “Ciò dimostra che la mutazione scoperta è probabilmente la causa principale della neuropatia del nostro paziente”, sostiene il dott. Carsten G. Bonnemann, uno dei principali autori dello studio.

Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni