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Dal 2002 al 2011 sono 204 i cuoricini che hanno ricominciato a battere nel cuore di piccoli pazienti italiani. Il 54% dei pazienti soffriva di cardiomiopatie e il 31% di problemi congeniti. Bambini anche molto piccoli: il 16% dei trapiantati aveva tra 4 e 8 anni, il 22% tra 9 e 13 e un altro 22% tra 14 e 17. I trapianti pediatrici in Italia sono una realtà solo nel 2011 ne sono stati effettuati 161 di cui 28 di cuore anche se ben 55 sono rimasti il lista di attesa.

Tradizione permessa da centri di riferimento nazionale come Roma e Bergamo ma anche da dispositivi elettromeccanici impiantabili (VAD) che aiutano il cuore nella sua funzione di pompa meccanica in attesa che sia disponibile un organo da donatore.

Lo dimostra una ricerca dell’ospedale universitario di Lione, presentata durante il congresso ESC in corso a Roma. Si tratta di una analisi retrospettiva su dati clinici, demografici e outcome a lungo termine di 21 pazienti con meno di 18 anni a cui era stato impiantato il device ventricolare prima del trapianto di cuore in un periodo compreso tra il 2005 e il 2015. Nel periodo di osservazione si sono verificati tre decessi di cui uno immediatamente dopo il trapianto a causa di un rigetto e altri due per sepsi severa, tutti gli altri pazienti hanno avuto una normale reazione e sopravvivenza all’impianto con ratei di sopravvivenza del 95% ad un anno, dell’89% a 5 anni e del 65% a 10 anni.

Le conclusioni dei ricercatori sono state valutate favorevoli: il supporto del VAD si è mostrato particolarmente importante per allungare la sopravvivenza degli aspiranti ad un trapianto di cuore con un incidenza estremamente bassa di infezioni e di rigetto acuto.

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