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La Sindrome di Lowe è una malattia di origine genetica legata all’X, e che dunque colpisce i maschi: fin dalla nascita i bambini presentano cataratta congenita e grave ipotonia, poi glaucoma, ritardo mentale e dello sviluppo motorio, convulsioni, disturbi del comportamento, problemi renali. Proprio l’insufficienza renale è il sintomo che mette più a rischio la vita dei pazienti affetti da questa malattia, per la quale al momento non esiste una cura risolutiva. Anche i meccanismi della malattia fino ad oggi presentavano molti punti oscuri: ora un po’ di chiarezza è stata fatta grazie ad uno studio finanziato da Telethon e condotto al Tigem di Napoli i cui risultati sono appena stati pubblicati sull’Embo Journal.

Il team di ricercatori, guidato da Antonella De Matteis, ha infatti scoperto qual è il meccanismo che danneggi i reni. Il problema sarebbe infatti nel meccanismo cellulare deputato a recuperare dalle urine le proteine che non devono essere eliminate. Il difetto genetico alla base della malattia, una mutazione del gene OCRL1 – hanno scoperto i ricercatori – comporta invece un non funzionamento di questo meccanismo con conseguente dannoso accumulo di proteine nelle urine.

“Studiando cellule renali in coltura – ha detto la ricercatrice del Tigem - abbiamo chiarito uno dei meccanismi molecolari alla base di questo fenomeno. Normalmente OCRL1 ha il compito di dirigere il traffico delle sostanze che la cellula capta dall’esterno, grazie a un processo chiamato endocitosi: in particolare, a livello dei reni è responsabile di un preciso segnale chimico per riassorbire dalle urine le proteine che non devono essere eliminate. Quando OCRL1 è alterato, invece, il sistema di trasporto si inceppa e si ha un cronico accumulo di proteine nelle urine. Per quanto si possa tenere sotto controllo farmacologicamente, la proteinuria porta con il tempo all’insufficienza renale, che rappresenta la principale causa di morte precoce per questi pazienti”. Questa scoperta apre le porte a una possibile terapia farmacologica per contrastare il danno renale.

“Avendo dimostrato quali sono gli specifici segnali chimici che governano questo processo – dice la De Matteis - possiamo andare alla ricerca di farmaci in grado di riequilibrare il traffico di sostanze a livello renale. Parallelamente, grazie ai sofisticati strumenti di miscroscopia disponibili qui al Tigem possiamo analizzare migliaia di composti alla volta, alla ricerca di quelli con l’effetto desiderato: una volta individuati possiamo andare a studiare il meccanismo con cui esercitano quell’azione. Procedendo lungo queste due strade contiamo di arrivare il più presto possibile a un trattamento efficace contro il danno renale”.
Clicca qui per la videointervista ad Antonella De Matteis


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