Milano - 'Affamare' le cellule tumorali contrastando l’angiogenesi. Sono queste le capacità 'anticancro' che uno studio made in Italy ha individuato in un gruppo di nuove molecole, tutte derivate da un fitocomposto contenuto nel luppolo della birra. La capacità preventiva dello xantumolo (XN), questo il nome della molecola base da cui sono state create le nuove formulazioni di sintesi, consiste nel privare le cellule tumorali dei 'viveri' di cui si nutrono, inibendo i meccanismi grazie ai quali tali cellule si procurano ossigeno e si diffondono nell’organismo.
La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista internazionale European Journal of Medicinal Chemistry, è frutto di una collaborazione tra la Dott.ssa Adriana Albini, del Laboratorio di Biologia Vascolare e Angiogenesi dell'IRCSS MultiMedica di Milano, il Prof. Armando Rossello, del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, e il Prof. Douglas Noonan, dell’Università dell’Insubria di Varese. Lo studio è durato quattro anni, e ha permesso di evidenziare, in test sperimentali, una capacità di riduzione dell’angiogenesi dell’80% da parte dei nuovi xantumoli. L'azione anti-angiogenesi rappresenta una delle più diffuse strategie terapeutiche antitumorali, e spesso viene affiancata alla chemioterapia.
Lo xantumolo possiede anche un’azione antiossidante, anti-radicali liberi, ed è in grado di combattere le cellule che presentano un alterato equilibrio ossidoriduttivo, come quelle tumorali. Di qui l’importanza di svilupparne una serie di varianti sintetiche con proprietà farmacologiche più spiccate. La Dott.ssa Albini, Direttrice del laboratorio di Biologia Vascolare e Angiogenesi di MultiMedica e Direttore Scientifico della Fondazione MultiMedica Onlus, illustra le fasi del progetto di ricerca che ha portato alla scoperta delle proprietà di queste nuove molecole: “Abbiamo intrapreso una collaborazione con un team di Chimici Farmaceutici del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, coordinati dal Prof. Armando Rossello, che hanno progettato e sviluppato modificazioni strutturali della molecola base contenuta nel luppolo, per renderla più efficace e utilizzabile a concentrazioni più basse. Si tenga presente che il luppolo è utilizzato nella preparazione della birra sin dal VII secolo, non solo per le sue qualità rinfrescanti e aromatiche, ma anche per la sua capacità di garantire una più lunga conservazione, caratteristica legata alle sue proprietà antibiotiche”.
Per scoprire se la sostanza possa essere utilizzata per la terapia e la prevenzione di tumori, sia solidi che ematologici, dopo un’analisi dell’attività biologica dei singoli, i gruppi di ricerca sono riusciti a identificare 2 derivati dello xantumolo, tra i 13 nuovi da loro brevettati, che sono in grado di esercitare un’attività anti-angiogenica ancora maggiore rispetto al principio naturale base dello XN.
“Abbiamo testato i derivati neo-sintetizzati che sono risultati particolarmente efficaci nell’interferire con funzioni chiave della cellula endoteliale, il mattone fondamentale che costituisce i vasi sanguigni tumorali, quali la proliferazione, l’adesione, la migrazione, l’invasione e la formazione di strutture simil-capillari. Lo studio – conclude la Dott.ssa Albini - apre la strada per lo sviluppo futuro su più ampia scala di analoghi sintetici dello xantumolo da sperimentare come possibili agenti chemiopreventivi. Il passo successivo sarà quello di testare i più attivi derivati brevettati del luppolo in modelli cellulari complessi e individuare i principali interruttori molecolari coinvolti nel loro effetto anti-angiogenico e anti-tumorale come possibili bersagli da colpire, sia in approcci terapeutici sia di prevenzione”.
La ricerca è stata condotta da giovani ricercatori dei laboratori partecipanti (Antonino Bruno, Barbara Bassani e Denisa Baci per l’IRCCS MultiMedica, Elisa Nuti, Caterina Camodeca, Lea Rosalia, Elisabetta Orlandini e Susanna Nencetti, per l’Università di Pisa, Cristina Gallo per l'IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova Reggio Emilia) ed è stata realizzata grazie al supporto di un finanziamento da parte dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), di una Borsa della Fondazione Umberto Veronesi (FUV) e di fondi di ricerca dell’Università di Pisa (Fondi di Ateneo 2009-2010 e PRA-Progetti di Ricerca di Ateneo 2016/27).