Tra gli autori di uno degli studi due italiani, il Prof. Carlo Rivolta e Silvio Alessandro Di Gioia, che però lavorano all'Università di Losanna
Tre nuovi studi fanno luce sulla retinite pigmentosa, malattia rara che restringe il campo visivo e può portare alla cecit. Il primo, uno studio condotto su 118 pazienti tedesch,i ha appena identificato delle nuove mutazioni genetiche implicate nella malattia. A condurlo un pool di ricercatori che ha operato all'Università di Genetica Umana di Regensburg, in Germania: tra questi figurano anche due ricercatori italiani, che attualmente però lavorano all’Università di Losanna, in Svizzera: il professor Carlo Rivolta, laureato all’Università di Pavia, e Silvio Alessandro Di Gioia. I risultati dello studio sono recentemente stati pubblicato sull’American Journal of Human Genetics e tra gli autori.
La malattia, causata dalla perdita di fotorecettori e dall’accumulo di pigmenti sulla retina, colpisce circa 1- 5 persone ogni 10.000, è geneticamente trasmissibile e attualmente non sono note cure in grado di arrestare o curare la malattia. Fin dal 1999 erano noti vari geni implicati in questa malattia, soprattutto nel locus RP28, ma proprio per l’eterogeneità genetica in genere non viene eseguita una diagnosi molecolare. La nuova ricerca, condotta su persone che apparentemente non avevano familiarità con la malattia, ha ora identificato alcune mutazioni che avvengono nel gene FAM161A e che sono associate ad alcuni casi di malattia.
I risultati della ricerca sono rafforzati da quelli ottenuti da uno studio Israeliano condotto su pazienti provenienti sia da Israele che dai territori palestinesi. Questo analizzato una regione di cromosomi del locus RP28 composta da 12 geni rivelando ben tre mutazioni nel gene FAM161A, che codifica una proteina dal ruolo ancora sconosciuto ma che, secondo lo studio israeliano, ha un ruolo chiave nel funzionamento dei fotorecettori della retina. Il che conferma in pieno il ruolo che le mutazioni di questo gene avrebbero nel causare la malattia, anche se certamente non si tratta dell’unico gene responsabile.
Uno studio condotto negli Stati Uniti su una famiglia Pakistana consanguinea ha infatti anch’esso individuato una specifica mutazione, la p.C339R, questa volta nel gene ZNF513 e anche questa sarebbe causa della perdita di fotorecettori della retina e dunque della malattia.