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Uno studio del San Martino di Genova mette in luce alcune correlazioni tra l’altezza staturale, il traumatismo cervicale e lo sviluppo di questa patologia rara

La malattia di Hirayama, o amiotrofia monomelica (MA), è una patologia rara che coinvolge i motoneuroni, ossia i neuroni che controllano direttamente o indirettamente il movimento dei muscoli. È caratterizzata da debolezza muscolare e ipotrofia delle estremità distali degli arti superiori. Colpisce principalmente gli uomini nella seconda o terza decade di vita: spesso l’esordio avviene durante l’adolescenza, con un successivo arresto spontaneo della progressione della patologia e una stabilizzazione dei sintomi.

La prevalenza della malattia di Hirayama non è nota. Si osserva soprattutto nei Paesi asiatici (in particolare in Giappone e in India), con pochi casi in Europa e negli Stati Uniti. Ad oggi, in Italia, le segnalazioni sono molto rare, ma il caso di tre giovani giocatori di basket, giunti in osservazione all’Ospedale San Martino di Genova, ha permesso a un team di ricercatori di suggerire alcune ipotesi sull’eziologia della malattia, tuttora non chiara.

Lo studio, pubblicato sul Journal of the Neurological Sciences, è stato coordinato dal dottor Corrado Cabona, neurologo del Dipartimento di Neurofisiopatologia presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria policlinico San Martino di Genova, in collaborazione con il dottor Alessandro Beronio, del Dipartimento di Neurologia dell’Ospedale S. Andrea di La Spezia, e la dottoressa Luana Benedetti, dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova. Hanno inoltre collaborato le dottoresse Ilaria Martinelli e Chiara Briani, del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova, i dottori Caterina Lapucci e Carlo Serrati, dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, e i dottori Stefano Delucchi e Antonio Mannironi, dell’Ospedale S. Andrea di La Spezia.

L’idea di approfondire l’eziologia e la fisiopatologia di questa malattia ci è venuta proprio con l’arrivo del primo paziente”, afferma il dottor Cabona, prima firma dello studio. “Poi sono giunti il secondo e il terzo: tutti ragazzi giovani, giocatori di basket, con la medesima sintomatologia. Accusavano debolezza e ipotrofia della mano senza sintomi sensoriali e, all’esame neurologico, si evidenziavano i classici segni della malattia di Hirayama: indebolimento della muscolatura distale dell’arto superiore, con peggioramento del quadro clinico in caso di esposizione al freddo”.

“Tutti i pazienti - continua il dottor Cabona - sono stati sottoposti a studi di conduzione nervosa ed elettromiografia, nonché ad una risonanza magnetica cervicale dinamica. Quest’ultima, in tutti e tre i casi, ha rivelato un’atrofia del midollo cervicale inferiore con appiattimento asimmetrico del midollo, un’anomala curvatura cervicale e il distacco del sacco durale posteriore dalla lamina sottostante in posizione neutra, con ulteriore migrazione in avanti della parete della dura madre in estrema flessione”.

I ricercatori ipotizzano che la causa di queste alterazioni si possa far risalire alla notevole altezza dei pazienti, che suggerisce una crescita sproporzionata del rachide cervicale rispetto al midollo durante l'adolescenza, e al micro-traumatismo cronico, dovuto alla costante sollecitazione e flessione del collo durante il gioco del basket.

“In parole povere - spiega Cabona - il midollo cresce nel suo sacco, una specie di ‘tubo’ che lo contiene, e rimane ancorato alla colonna vertebrale grazie all’azione di alcuni legamenti appositi. Un rapido accrescimento della struttura ossea, come quello riscontrato nei nostri pazienti, potrebbe portare ad uno scollamento tra la colonna e il midollo stesso, incapace di svilupparsi altrettanto velocemente. La risonanza evidenzia proprio questo distacco e l’anteriorizzazione del sacco durale cervicale. In particolare, lo spostamento in avanti del sacco midollare lascia una specie di ‘vuoto’ nella zona cervicale posteriore, con conseguente vasodilatazione delle strutture vascolari presenti. Viceversa, nella zona anteriore, si nota una compressione dei vasi sanguigni che porta alla sofferenza delle corna anteriori del midollo, dove si trovano i motoneuroni. A questo quadro si aggiungerebbe la continua sollecitazione della zona cervicale dovuta al gioco del basket, sport molto dinamico che predispone al micro-traumatismo cronico”.

Ad oggi, purtroppo, l’eziologia esatta della malattia di Hirayama non è nota, ma questo studio potrebbe aprire la strada a nuove ricerche su questa patologia rara. Sono ancora molti, infatti, gli orizzonti da indagare. “Non sappiamo nemmeno se esista una predisposizione genetica”, afferma il dottor Cabona. “Possiamo solo ipotizzare che ci sia, alla luce dei dati epidemiologiche e delle differenze geografiche. In Asia i casi sono molti di più rispetto a quelli osservati in Europa e negli Stati Uniti”.

Sarebbe davvero importante poter continuare la ricerca", sottolinea Cabona. "Ad esempio, dopo aver sottoposto uno dei nostri pazienti alla PET (tomografia a emissione di positroni), abbiamo rilevato un alterato metabolismo midollare, ma non sappiamo se questo sia causa o conseguenza della patologia: sono ancora troppe le zone d’ombra di questa malattia rara. Per questo motivo lancio un appello a tutti i miei colleghi medici che entrano in contatto con giovani affetti da questa patologia: procedete ad un invio presso il nostro centro, in modo da permetterci di continuare gli studi. L’amiotrofia monomelica non è potenzialmente fatale, anche se può causare una disabilità sociale in coloro che perdono completamente la funzione della mano. Un intervento precoce, mirato e individualizzato, potrebbe ridurre o addirittura arrestare la progressione della malattia.”

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