I ricercatori dell'Università di Mainz hanno sperimentato due nuovi approcci per correggere la mutazione genetica e senza l’uso di vettori virali
GERMANIA - La sindrome di Usher è una rara patologia che causa la perdita di vista e udito e colpisce circa 1 persona su 6000, con diversi gradi di gravità. Nella forma più severa i pazienti nascono sordi e perdono gradualmente la vista durante la pubertà, fino alla totale cecità. Questa sindrome è particolarmente invalidante poiché priva i pazienti dei due principali organi di senso e, sebbene ci siano rimedi per la sordità, come apparecchi acustici e impianti cocleari, non esistono per ora cure efficaci per la perdita della vista.
I ricercatori della Johannes Gutenberg University di Mainz, guidati dal professor Uwe Wolfrum, studiano da anni i meccanismi molecolari coinvolti nella sindrome, che può essere causata da mutazioni in almeno 12 posizioni cromosomiche diverse, e hanno individuato due possibili strategie terapeutiche.
Lo studio si è focalizzato sulla mutazione del gene USH1C, che consiste nella formazione di un segnale di stop nel DNA e impedisce la corretta sintesi della proteina transmembrana armonina, codificata dal gene.
Il primo approccio è la riparazione del gene mutato ed è stato sviluppato in colture cellulari dalla dottoressa Nora Overlack e pubblicato sulla rivista Investigative Opthalmology & Visual Science. Questo metodo consiste nel tagliare il DNA nel sito mutato utilizzando “forbici molecolari” chiamate nucleasi Zn-finger, in seguito la cellula è in grado di riparare il taglio, sostituendo la sequenza mutata con quella corretta.
Il secondo approccio, sviluppato dal dottor Tobias Goldman e pubblicato su EMBO Molecular Medicine, consiste invece nell'utilizzo di molecole in grado di saltare il segnale di stop e continuare la sintesi dell'armonina. Le molecole testate sono state PTC124 (Ataluren) e aminoglicosidi ingegnerizzati dal professor Timor Baasov dell'Israel Institute of Technology al fine di aumentare la loro capacità di ignorare la mutazione e con entrambe si sono ottenuti buoni risultati e alta biocompatibilità nel modello murino utilizzato.
La dottoressa Kerstin Nagel-Wolfrum, co-autrice dello studio spiega: “Le nostre strategie terapeutiche rappresentano alternative promettenti all'inserzione di geni virali e potrebbero davvero essere le uniche opzioni disponibili per quanto riguarda i geni USH, che sono di grandi dimensioni e ricchi di varianti. Noi speriamo che queste alternative diano un importante contributo alle cure dei pazienti affetti da sindrome di Usher e da altre patologie genetiche a carico della retina”.
Il team dell'Università di Mainz, oltre a continuare gli studi pre-clinici, progetta di rendere le nuove terapie disponibili ai pazienti il prima possibile.
Riferimenti
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22661463
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23027640
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/12/121204081148.htm