In Italia a breve la sperimentazione sui pazienti. Se i risultati saranno buoni servirà mettere a punto un test di screening neonatale
La mancanza di screening neonatale per questa patologie non favorisce i trial clinici e bisognerà attendere le nuove diagnosi
Il deficit di piruvato idrogenasi è una rara malattia metabolica di origine genetica, in cui l'accumulo di acido lattico non viene smaltito, provocando gravi danni a cervello e muscoli. Questa malattia, che fino ad oggi non aveva terapia, non è tra le malattie metaboliche che possono essere individuate attraverso l’uso dello screening neonatale con tandem mass (la metodica più veloce e meno costosa), ma grazie ad una scoperta appena annunciata dall'Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) le cose potrebbero radicalmente cambiare, tanto sul fronte della terapia che dell’individuazione precoce della malattia.
La notizia data dai ricercatori Tigem è infatti che è stata individuata una potenziale terapia farmacologica per la patologia. Il team di ricercatori guidato da Nicola Brunetti-Pierri ha infatti dimostrato, grazie a un modello preclinico, che il fenilbutirrato è in grado di promuovere l'attività della piruvato deidrogenasi, riducendone l'aggiunta di gruppi fosfato, ovvero il segnale di inattività. Il fenilbutirrato è un farmaco attualmente utilizzato per le malattie metaboliche dovute a difetti del ciclo dell'urea (vedi qui) e, da poco, anche nella malattia delle urine a sciroppo d'acero dovuta alla carenza di un enzima molto simile alla piruvato deidrogenasi. I ricercatori partenopei, data questa similitudine, hanno provato a verificare se lo stesso farmaco fosse in grado di aumentare l'attività della piruvato deidrogenasi: i risultati, in questo senso, sono stati positivi.
"Il problema di questi pazienti - spiega Brunetti-Pierri – è l'accumulo di acido lattico che danneggia vari tessuti e in particolare cervello e muscoli, con danni permanenti e progressivi la cui gravità dipende dall'entità del deficit enzimatico. Si tratta di una patologia severa, che può essere diagnosticata sia a pochi giorni dalla nascita (per le forme più gravi) che anche in età adulta. Sono le differenti mutazioni a determinare la gravità della patologia".
La scoperta di Brunetti-Pierri, pubblicata su Science Translational Medicine, è stata effettuata studiando il modello animale e i fibroblasti umani. Ora è necessario testate il farmaco (dei quali sono già noti o dati sulla sicurezza e sulla non tossicità) sui pazienti. "Il trial clinico sarà quasi sicuramente prospettico: si tratta di una malattia rara e severa, dovremmo aspettare le nuove diagnosi, perché molti pazienti diagnosticati in precedenza presentano oggi condizioni di compromissione grave. Per ottenere dei risultati significativi sarà quindi necessario un tempo un po' più lungo del normale. La buona notizia è però - continua Brunetti- Pierri - che ci sono già dei centri interessati in Italia, in Europa e negli Usa. Probabilmente i primi pazienti saranno arruolati nel giro di pochi mesi e proverranno dall'Istituto Neurologico Besta di Milano, che collaborerà strettamente con noi."
Attendiamo dunque le conferme sull'attività del farmaco fenilbutirrato e ricordiamo che il deficit di piruvato idrogenasi viene diagnosticato tramite il dosaggio enzimatico sui fibroblasti. "Per ottenere una diagnosi sicura -- spiega Brunetti-Pierri - è necessario effettuare questo esame diagnostico per il quale è necessaria una biopsia cutanea.”
In un futuro, se l’ipotesi terapeutica sarà confermata, potrebbe essere utile mettere a punto un test di screening neonatale.
“Non sarà probabilmente possibile effettuare un test con tandem mass, perché per questa patologia non esiste un marker di facile individuazione. Esistono però altre metodiche ed essendo il deficit di piruvato deidrogenasi la forma di acidosi lattica più frequente è senza dubbio auspicabile che le diagnosi siano effettuate il prima possibile -conclude Brunetti- Pierri - per procedere con la terapia quanto più in fretta possibile."