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Gli obiettivi: migliorare la gestione dei dati, implementare la collaborazione internazionale, tutelare i pazienti

Per il sequenziamento genomico ci sono delle linee guida europee. Il documento è stato pubblicato sull’European Journal of Human Genetic e riporta le linee guida raccomandate dalla “European Society of Human Genetics” (ESHG) relative a questo ambito in continuo sviluppo, con lo scopo di incoraggiare ulteriormente la discussione e di fornire raccomandazioni agli operatori sanitari. La carta delle raccomandazioni era stata pubblicata dal 20 giugno al 1 agosto 2012 sul sito web della ESHG per permetterne il commento da parte dei membri societari e la versione finale è poi stata approvata nel dicembre 2012.

Negli ultimi anni il costo di esami di sequenziamento genomico ha mostrato una netta diminuzione, tecnologie ad alta prestazione permettono di sequenziare l’intero genoma di una persona o l’intero complesso di esoni ad un prezzo che è alla pari di altri sistemi di assistenza sanitaria.
Fino a poco tempo fa un test genetico diagnostico tendeva a concentrarsi su una questione specifica. Ad esempio nel caso di una sospetta patologia monogenica si eseguiva l'analisi mirata di uno o pochi specifici geni.

Oggi invece i test diagnostici si rivolgono ad un grande pannello di geni e vengono usate tecniche all’avanguardia come quella del Microarray e come le tecniche di sequenziamento ad alta risoluzione di nuova generazione: la tecnica “Whole Genome Sequening” (WGS) rivolta all’intero genoma e quella “Whole Exome Sequencing” (WES) rivolta al sequenziamento della totalità degli esoni. Queste due tecniche, però, non sono altamente mirate e  generano una quantità enorme di dati grezzi che richiedono analisi bioinformatiche complesse per estrarne informazioni utili.
Tali tecniche sono già in uso in diversi laboratori e la loro utilità nella diagnosi di malattie, in particolare quelle rare, è stata dimostrata. Rappresentano un valido aiuto per quella che viene definita medicina personalizzata, che si basa sull’individuazione di caratteristiche genetiche del paziente e sull’uso della farmacogenomica in terapia. La farmacogenomica, infatti, si basa sull'analisi dell'intero genoma di un individuo per identificare sia geni che possano essere utilizzati come target per nuove terapie, sia profili genetici individuali dai quali può dipendere la risposta ai principi attivi somministrati.

Un gruppo di ricercatori (Ashley e coll.) ha fornito, ad esempio, prove di come la farmacogenomica possa essere applicata nella diagnosi della fibrosi cistica, al fine di individuare i partners portatori sani, e nella terapia di questa stessa malattia.
I successi iniziali ottenuti in campo diagnostico grazie all’ausilio di WGS e WES hanno incoraggiato l'applicazione di queste tecniche alla diagnosi in neonati gravemente malati e in terapia intensiva.
Il problema attuale, però, è che stanno diventando fruibili per i pazienti diversi servizi basati su queste tecnologie e c’è la necessità di garantire che questi siano forniti in modo appropriato. Al fine di determinare sia l'utilità clinica dei test genetici sia di assicurare un'elevata qualità delle analisi, l'interpretazione e la comunicazione dei risultati deve essere discussa in modo che i pazienti possano ricevere un'adeguata consulenza.

Se da un lato la notevole massa di dati generati può rivelare alleli-causa di malattie, che altrimenti non potrebbero essere individuati, dall’altro la sfida rappresentata dalla gestione di grandi quantità di informazioni, la maggior parte delle quali non direttamente rilevanti per il paziente, ha spinto molti gruppi di ricercatori a favorire un sequenziamento più mirato . Nel contesto clinico, tuttavia, se la messa a fuoco si restringe troppo o troppo presto il rischio è che potenziali alleli o regioni che causano malattie vengano “mancati”. Una soluzione potrebbe essere quella di porre al centro delle analisi iniziali geni con un rapporto ormai chiaro con l'eziologia della malattia, per poi attuare un’analisi più ampia al fine di individuare le varianti casuali. Tuttavia, quando le varianti riguardano geni la cui funzione o l'effetto sul fenotipo sono sconosciuti, si richiede molta cautela. Si discute per decidere se queste varianti con conseguenze cliniche incerte dovrebbero essere comunicate al paziente e ai familiari e incluse nella cartella clinica. Tuttavia, a scopo di ricerca, è certamente importante documentare queste varianti e rendere le informazioni a disposizione di altri ricercatori. E’ necessario, quindi, che i protocolli stabiliscano se e in che modo le informazioni sul genoma debbano essere documentate, condivise e memorizzate e per quanto tempo. E’ fondamentale creare banche dati accessibili.

Questo approccio alla diagnosi potrebbe essere automaticamente incluso nella attività di ricerca scientifica ma il rischio è che gli interessi dei medici siano subordinati a quelli dei pazienti. Un nuovo risultato non ancora compreso può essere importante da una prospettiva di ricerca ma irrilevante dal punto di vista clinico. In questo caso sarebbe difficile spiegare la situazione al paziente e si potrebbe creare una condizione di stress per il malato e per i suoi familiari.

Norme etiche e legali attuali richiedono che i medici diano la priorità agli interessi dei loro pazienti in modo che essi non vengono trasformati in soggetti di ricerca senza il loro consenso. In questo scenario il quadro normativo, le procedure di autorizzazione per la diagnosi, la ricerca, la divulgazione e la conservazione dei dati devono essere riesaminate e, se necessario, adeguati alle sfide della nuova situazione. Per esempio, molti protocolli di ricerca affermano che nessuna informazione circa i risultati dei test possono essere divulgati ai singoli partecipanti perché i risultati della ricerca possono aver bisogno di essere confermati in studi di follow-up. Tuttavia,  nel caso di test che potrebbero portare all’identificazione di varianti con nota rilevanza clinica, molte persone sostengono che se la possibilità di un beneficio per la salute individuale è realistica, il paziente dovrebbe esserne informato. Emerge la questione di se, come e quando un paziente debba essere ricontattato. Un obbligo generale di ricontattare i pazienti non può essere mantenuto per l'impossibilità di delimitare il campo di applicazione. Tuttavia può essere necessario ricontattare  il paziente quando le scoperte possono rappresentare reali  opzioni terapeutiche per alcuni disturbi. Nuovi modi di comunicare attraverso siti web e forum possono  essere utilizzati per permettere ai pazienti di accedere ai propri dati o per ricontattarli attivamente. Partendo da questo principio i consulenti devono preparare i pazienti e i loro medici di base ad affrontare l'incertezza della situazione.
Vi è necessità di insegnare e formare gli operatori sanitari a seguire, digerire e interpretare correttamente questo 'tsunami genomico'.

Altra problematica relativa alle analisi di sequenziamento dell’intero genoma è che, durante tali analisi, si potrebbero individuare anomalie genetiche la cui diagnosi non era stata inizialmente né ipotizzata e, dunque, nemmeno richiesta. Può accadere, ad esempio, che mentre si indaga circa la causa di un ritardo mentale si identifichi una variante genetica che rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di una tipologia di cancro. Certamente la possibilità di un tale scenario dovrebbe essere discussa con il paziente o con i suoi familiari. Come per altri test genetici presintomatici, i pazienti devono avere il diritto di decidere di non procedere con le analisi e dovrebbero essere autorizzati a esercitare i loro diritti di autonomia.

I test di sequenziamento genico possono essere impiegati anche nell’ambito di progetti di screening della popolazione ma bisogna tenere presente che è necessario avere dati certi per evitare falsi-positivi perciò ai test si richiede maggiore specificità. E, comunque, i risultati non richiesti e gli esiti di significato poco chiaro sono un problema ben noto anche nel contesto della popolazione screening. Alcune aziende commerciali già offrono pacchetti di screening per identificare partner portatori sani di mutazioni per la stessa malattia autosomica recessiva, al fine di permettere delle vere e proprie scelte riproduttive. Esistono pacchetti in grado di testare simultaneamente più di un centinaio di tali disturbi. Il rischio è che le coppie facciano scelte riproduttive importanti sulla base di risultati di test che non sono ancora sufficientemente compresi.

Lo screening neonatale per le malattie rare è un altro settore in cui l'introduzione di WGS/WES può ampliare il campo di prova. Lo screening neonatale permetterebbe di analizzare i genomi di individui che potrebbero quindi beneficiare di prevenzione e trattamento personalizzato durante l'intera durata della loro vita. Un problema relativo a questo approccio, però, è che può portare ad ottenere informazioni su malattie che diventeranno rilevanti solo tardi nella vita. Rivelare queste informazioni in un così netto anticipo potrebbe compromettere il diritto del bambino a decidere, una volta maturo abbastanza per farlo, cosa sapere o non sapere circa la propria prospettive di salute. Questo problema di minare futuri diritti di autonomia del bambino non è irrilevante.

Alla luce di queste considerazioni, possiamo dire che sono necessarie ulteriori indagini per quanto riguarda le implicazioni etiche, legali e sociali della generazione di dati genomici e di informazioni nell'ambito della diagnostica e dello screening di popolazione. Per esempio ci si domanda se  i dati grezzi ottenuti tramite WGS debbano essere memorizzati e se sì a quali condizioni.

Il Comitato di Politica Pubblica e Professionale (PPPC) e il Comitato Qualità della Società Europea di Genetica Umana (ESHG) sono costantemente rivolti al raggiungimento di tali risposte e hanno organizzato seminari in Svezia (2010), nei Paesi Bassi (2012) e un rapporto redatto per il Consiglio Sanitario dei Paesi Bassi  è servito come documento di base per alcune riflessioni, da parte della PPPC.

Di seguito riportiamo le linee guida divulgate dalla  ESHG.
LINEE GUIDA
1. Al fine di contribuire allo sviluppo di buone pratiche nell'attuazione WGS / WES in assistenza sanitaria, le parti interessate di settori rilevanti nel campo della ricerca e della clinica dovrebbero creare strutture per la condivisione di esperienze e stabilire e testare le linee guida a livello locale, nazionale e internazionale.

2. Quando in ambito clinico è possibile sia un sequenziamento mirato sia l'analisi di dati genomici, è preferibile utilizzare un approccio mirato, in primo luogo, al fine di evitare risultati indesiderati o risultati che non possono essere interpretati. Il filtraggio dovrebbe limitare l'analisi a (insiemi di) geni specifici. Varianti genetiche note con utilità clinica limitata o nulla devono essere filtrate (se possibile né analizzate né segnalate).

3. L 'uso di Genome-Wide Array (WGA) richiede una giustificazione in termini di necessità (la necessità di risolvere un problema clinico) e di proporzionalità (l'equilibrio di vantaggi e svantaggi per il paziente).

4. Nei casi in cui è previsto l'uso di tali tecniche, deve esistere ed essere in atto un protocollo per fornire una guida sulla segnalazione di risultati non richiesti. Se la rilevazione di una variante genetica non richiesta è indicativa di gravi problemi di salute (sia nella persona testata sia nei suoi parenti stretti) che possono essere trattati o prevenuti, un operatore sanitario deve, in linea di principio, segnalare tali varianti genetiche.

5. Devono essere sviluppate linee guida per il consenso informato, per quanto riguarda i test diagnostici. Le rivendicazioni dei pazienti circa il diritto di non sapere non devono automaticamente calpestare le responsabilità dei professionisti, quando proprio la salute del paziente o quella dei suoi parenti stretti sono in gioco. Gruppi di pazienti potrebbero fornire importanti input su come trattare questa situazione.

6. Le attività diagnostiche svolte nell'ambito dell'assistenza sanitaria e l'uso delle biobanche a scopo di ricerca possono essere intrecciate, i medici dovrebbero essere consapevoli dell'importanza di salvaguardare la posizione del paziente e spiegargli il potenziale del cross-over tra l'ambito clinico e la ricerca. Quadri normativi pertinenti, tra cui le procedure di autorizzazione per la diagnosi, la ricerca, la divulgazione e la conservazione dei dati devono essere riesaminati e, se necessario, adeguati alle sfide della nuova situazione.

7. In caso di test sui minori devono essere stabilite linee guida in merito alle informazioni non richieste e devono essere divulgate al fine di bilanciare l'autonomia e gli interessi del bambino e i diritti e le esigenze  dei genitori di ricevere (o non) informazioni che possono essere di interesse per la loro (futura) famiglia.
8. Nel caso in cui le nuove prove scientifiche di rilevanza clinica per i pazienti nascano dalla prima indagine, dovrebbe essere considerata la possibilità di  ricontattare i partecipanti. Una linea guida dovrebbe stabilire in dettaglio come e quando questo debba essere fatto.

9. Al fine di facilitare l'interpretazione dei dati sul genoma, è necessaria la collaborazione internazionale per costruire basi di dati sostenibili su informazioni genotipiche e fenotipiche delle varianti e dei pazienti.

10. E' richiesto, a vari livelli, uno sforzo nella formazione genetica di operatori sanitari: nelle cure primarie per informare e indirizzare adeguatamente le persone e, nelle cure specialistiche, al fine di consigliare, indirizzare i pazienti e per discutere e interpretare i risultati dei test genetici in modo adeguato
.
11. Gli esperti in ambito genetico dovrebbero impegnarsi a discutere circa i nuovi sviluppi nel campo della genetica e spiegare i pro e i contro dei test genetici e di screening in ambito clinico e commerciale, per informare il pubblico e sensibilizzare l'opinione pubblica. Migliorare l'alfabetizzazione genetica nei pazienti e nel pubblico laico contribuirà a coinvolgere la più ampia società in questo dibattito.


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