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Si chiama Next Generation Prenatal Diagnosis, è in grado di individuare oltre 12mila mutazioni genetiche

Viene da un gruppo di ricercatori italiani la grande rivoluzione nel campo della diagnosi precoce. I nostri connazionali, ricercatori dell’Italian College of fetal maternal medicine (Sidip), hanno messo a punto una nuova tecnica di amniocentesi chiamata Next Generation Prenatal Diagnosis (Ngpd) che è in grado di individuare- come si legge sul giornale Il sole24 Ore- “ oltre 12mila mutazioni di quasi 300 geni, ovvero l’80% delle patologie che potrebbero affliggere il bambino, dalla fibrosi cistica alle talassemie, dalle displasie scheletriche a malattie neurologiche come la sindrome di Rett, fino ad alcune forme di autismo”.

La Next Generation Prenatal Diagnosis, tecnica descritta anche su Journal of prenatal medicine, si basa sul sequenziamento rapido del DNA che fino ad oggi era applicato soltanto nel DNA estratto da individui adulti. E’ già possibile eseguire questo tipo di amniocentesi in varie sedi italiane: Roma, Milano, Bari, Catania e Umbertide (Perugia) ma il costo è piuttosto elevato (1500 euro) e interamente a carico del paziente.

 

Queste le parole di Claudio Giorlandino, primo firmatario dello studio: “Usando una metafora, è come se finora fosse possibile studiare un grattacielo soltanto contando il numero dei piani, laddove i piani sono i cromosomi, mentre ora possiamo controllarne ogni singolo mattone”. E prosegue: “Con la Ngpd riusciamo a individuare anche le più gravi patologie genetiche”.

Come spesso accade quando ci si trova difronte a scoperte scientifiche e tecnologiche di una certa rilevanza, si presentano problemi di natura etica; 'fosse questa tecnica il preludio ad una deriva eugenetica?' Questa la domanda che si solleva dalle coscienze.

In altre parole il rischio è che i genitori, venendo a conoscenza delle condizioni di salute del loro figlio in modo tanto specifico e precoce, possano decidere di ricorrere all’aborto terapeutico, magari con troppa leggerezza o spinti dalla ricerca di un “figlio perfetto”.

A questo timore risponde il dott. Paolo Scollo, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo): “Non si punta assolutamente al bambino perfetto. Il nostro dovere di ginecologi è quello di fornire alle donne e alle coppie più informazioni possibili”.

Proprio per ovviare a questo problema, spiega Giorlandino: “Abbiamo allora introdotto precisi criteri per restringere il campo delle malattie diagnosticabili, sviluppando un software di targetizzazione dei disordini genetici fetali”. Una selezione anche “etica”, perché “sarebbe inaccettabile indagare su condizioni irrilevanti sul piano della salute ma anche inutile, perché bisogna che ci si concentri solo sullo studio delle patologie più concrete che possono determinare una problematica vera e propria per il nascituro”.

Di qui la scelta - spiega il biologo Alvaro Mesoraca, che lavora nel centro romano privato di cui Giorlandino è direttore sanitario, “di rilevare mutazioni genetiche responsabili di malattie note che abbiano un’incidenza fino a un caso ogni 20mila nati”.

Oltre a sollevare questo dibattito di natura etica, le donne percepiscono la Next Generation Prenatal Diagnosis come invasiva e molte di loro, per paura di danneggiare il feto, si rifiutano di eseguirla. A questo proposito il dott. Pietro Cignini, esperto di diagnosi prenatale, chiarisce: “Il rischio di abortività dell’1% è obsoleto e anacronistico: si riferiva a 30 anni fa, quando non c’era il supporto ecografico, quando gli aghi erano molto più spessi e quando l’esperienza degli operatori era esigua. Oggi gli ultimi studi randomizzati dimostrano che le percentuali di rischio sono di gran lunga inferiori: 0,1% per l’amniocentesi e 0,2% per la villocentesi. Di fatto non c’è una differenza statisticamente significativa con il rischio di abortività che si corre senza sottoporsi ad alcun esame”.

Ricordiamo infine che in Italia siamo ancora in attesa dell'attivazione dello screening neonatale metabolico allargato, metodica assolutamente non invasiva che permette di diagnosticare - a meno di 72 ore dalla nascita - fino a 40 patologie, che possono essere così correttamente curate.

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