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La malattia da carenza di NGLY1 fu scoperta, nel 2012, grazie a questa tecnologia

DURHAM, NORTH CAROLINA (U.S.A.) – Il sequenziamento di nuova generazione è in grado di avere alte percentuali di successo in ambito clinico, al punto da identificare malattie genetiche sconosciute. È il caso del deficit di NGLY1, una patologia rarissima (solo 28 casi al mondo) scoperta nel giugno 2012 da un gruppo di ricercatori della Duke University di Durham (North Carolina) guidati da David Goldstein e Vandana Shashi. I risultati delle loro indagini, pubblicate sul Journal of Medical Genetics, suggerirono inoltre che la presentazione fenotipica delle condizioni mendeliane conosciute può essere notevolmente più ampia di quanto si credesse.

Gli autori presentarono un programma pilota di sequenziamento dell’intero esoma su 12 pazienti affetti da malattie inspiegabili e apparentemente genetiche, e sui loro genitori non affetti. A differenza di molti studi precedenti, gli autori non cercavano pazienti con fenotipi simili, ma hanno iscritto ogni probando non diagnosticato, con un’apparente condizione genetica, che avesse raggiunto i criteri prestabiliti.

Tale impegno ha comportato una diagnosi probabilmente genetica in 6 dei 12 probandi, compresa l’individuazione di mutazioni apparentemente causali in quattro geni noti per causare malattia mendeliana (TCF4, EFTUD2, SCN2A e SMAD4) e in un gene correlato a noti geni-malattia mendeliani (NGLY1). Di particolare interesse è il fatto che al momento dello studio, EFTUD2 non fosse ancora noto come gene di malattia mendeliana, ma è stato designato come probabile causa sulla base dell’osservazione di mutazioni “de novo” in due probandi non imparentati. In un settimo caso con molteplici e diverse caratteristiche cliniche, gli autori sono stati in grado di identificare mutazioni omozigote in EFEMP1 come probabile causa di degenerazione maculare (anche se non per altre caratteristiche).

Lo screening rivelò che il paziente 2 (oggi sappiamo che si trattava di Bertrand Might, il primo paziente al mondo a ricevere questa diagnosi) aveva ereditato una variazione frameshift nell’ultimo esone del gene NGLY1 da sua madre Cristina, e una mutazione non-senso nell’esone 8 da suo padre Matt. “L’NGLY1 – scrivevano gli autori – codifica N-glycanase1, che è coinvolto nella degradazione delle glicoproteine mal ripiegate. Questo enzima non è stato associato a un disturbo specifico, ma il fenotipo di questo bambino è coerente con un disturbo congenito della glicosilazione”.

“Per esplorare ulteriormente l’effetto di queste varianti – sottolineavano i ricercatori – abbiamo confrontato l’espressione della proteina NGLY1 nei leucociti estratti dal sangue del paziente e dei suoi genitori. Entrambi i genitori hanno mostrato un’espressione ridotta, e il paziente aveva livelli appena percettibili di NGLY1. Nel nostro paziente, la biopsia epatica ha mostrato una sostanza amorfa non identificata in tutto il citoplasma, indicativa di materiale immagazzinato nelle cellule del fegato. È da notare che in questo bambino erano stati eseguiti numerosi test per accumulo lisosomiale, e tutti i risultati erano stati normali”.

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