Ceci: “Devono essere usati a tappeto”. Eurordis: “Non ci sarà un coordinamento europeo”
ROMA - “Utilizzare, a tappeto, i test di screening per la diagnosi precoce esistenti, finanziare e potenziare i programmi di ricerca per i nuovi farmaci, lavorare in squadra tra specialisti delle diverse discipline e il coinvolgimento dei pazienti: sono tutte cose necessarie per migliorare le possibilità di cura delle malattie rare”. A sostenerlo è Adriana Ceci, presidente Fondazione per la ricerca farmacologica 'Gianni Benzi'.
"Per la farmacologa la strategia vincente si fonda su diverse priorità: la prima è quella di affinare i mezzi per la diagnosi precoce. Oggi - precisa Ceci - i test genetici sono sempre più utili. Ma, quelli che esistono, non vengono utilizzati a tappeto. E' importante invece estendere l'uso di quelli veramente affidabili e dimostrati, in modo da cogliere dall'inizio. Esistono alcune malattie neurometaboliche che un tempo portavano inevitabilmente a quadri di invalidità permanente, di perdita di funzioni cerebrali. Intervenendo con i farmaci esistenti, gli enzimi che sostituiscono quelli mancanti nei bambini malati, oggi si riesce a far crescere il bambino in condizioni accettabili. Per questo gruppo di malattie intervenire presto fa la differenza, tra la possibilità di avere una vita normale e non averla".
Di screening si è parlato approfonditamente anche durante la Giornata delle Malattie Rare, 28 febbraio 2013. In particolare se ne è discusso durante l’evento Play Decide , svoltosi alla Sapienza di Roma. L’appuntamento, che ha riscosso grande partecipazione soprattutto tra i giovani studenti, è stato l’occasione per chiarire alcuni aspetti del delicato argomento. Troppo scarsa la preparazione medica universitaria sulle malattie rare, quasi assente per medici e operatori sanitari il tema screening neonatale.
Tutti i partecipanti hanno espresso la necessità di un coordinamento nazionale ed europeo per allargare e uniformare gli screening nel nostro Paese. Un coordinamento che però forse per ora difficilmente ci sarà: potranno venire ulteriori studi o linee guida scientifiche ma "l'EUCERD (The European Union Committee of Experts on Rare Diseases) i ha recentemente deciso - ha spiegato Simona Bellagambi di Eurordis - che non emetterà un indirizzo o delle raccomandazioni in materia di screening".
La palla quindi per ora passa ai singoli Stati, ricordando che in Italia la maggior parte delle scelte è demandata alla Regioni, generando fortissime disparità territoriali.
Se sul tema mancherà un indirizzo europeo sarebbe dunque auspicabile che in Italia si muovesse in maniera fattiva un coordinamento nazionale di persone competenti. Un primo passo in tal senso pare si stia compiendo a livello di Conferenza Stato-Regioni, ma dopo vari mesi di lavoro non è stato ancora possibile conoscere quale sia la strada intrapresa e quanto tempo ci vorrà prima che tutti i bimbi d'Italia abbiano le stesse opportunità di prevenzione a livello neonatale.