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La diagnosi precoce porta ad alti tassi di sopravvivenza

Secondo uno studio, supportato dal National Institutes of Health e pubblicato su Journal of American Medical Association sarebbe stato messo a punto un test di screening neonatale per l'immunodeficienza combinata grave (SCID) in grado di identificare in modo affidabile i bambini che presentano questa condizione ereditaria pericolosa per la vita. Questo permetterebbe una diagnosi precoce, un inizio tempestivo del trattamento e un conseguente aumento del tasso di sopravvivenza.

I ricercatori guidati da Jennifer Puck, MD della University of California (San Francisco) hanno anche scoperto che la SCID colpisce circa 1 su 58.000 neonati, questo dato indica che la malattia è meno rara di quanto si pensasse. Lo studio è stato finanziato in parte dal dipartimento del NIH ‘Istituto Nazionale di allergie e malattie infettive’ (NIAID), in parte dal NICHD ‘Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development’.

Il test di screening neonatale SCID, originariamente sviluppato presso NIH, prende il nome di TREC perché misura lo sviluppo dei linfociti T per mezzo della misurazione dei ‘T cell receptor excision circles'.

I neonati con SCID hanno poche cellule T e in alcuni casi queste sono totalmente assenti. Quindi l'assenza di TREC può indicare la presenza della patologia.

Il test TREC può altresì aiutare i medici a identificare i bambini con deficit di cellule T non-SCID.

Lo studio ha valutato i dati provenienti da più di 3 milioni di neonati, raccolti dai programmi di screening realizzati in 10 Stati e dalla Nazione Navajo, dove esiste un rischio più elevato rispetto alla media di sviluppare SCID a causa di alcune mutazioni genetiche.
Complessivamente lo screening ha rilevato 52 neonati con SCID, equivalenti a 1 in 58.000 neonati. Tutti i bambini che hanno mostrato risultati anormali al test TREC, sono stati  sottoposti a ulteriori test diagnostici per confermare la presenza di SCID.
I ricercatori non hanno identificato alcun caso di SCID che non sia stato rilevato con il test di screening TREC.

Questi risultati rivestono notevole importanza perché grazie ad una diagnosi precoce i medici sono messi nella condizione di poter trattare i neonati SCID tempestivamente, prima che le infezioni diventano opprimenti. Dei 52 neonati SCID coinvolti nello studio, infatti, 49 hanno ricevuto terapie di immuno-ripristino (come il trapianto di cellule staminali, la terapia enzimatica sostitutiva e la terapia genica) e di questi 45 (92%) sono sopravvissuti. Purtroppo  tre bambini sono morti prima di iniziare il trattamento e quattro dopo aver ricevuto il trapianto.

Questo il commento di Tiina Urv, direttore del programma al diparimento ‘Intellectual and Developmental Disabilities Branch’ del NICHD: "Abbiamo fatto grandi passi avanti nella nostra conoscenza di SCID e di altre immunodeficienze correlate in un periodo relativamente breve di tempo, questo grazie allo screening neonatale. Tali sforzi di ricerca collaborativa potrebbero servire da modello anche per altri disturbi."

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