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Trial su Cheratocono

Si è concluso con successo lo studio ARGO, dedicato all’approccio della teranostica

Fino a non molti anni fa era considerata una patologia rara ma nel tempo la sua incidenza è cresciuta e oggi il cheratocono è un’affezione della cornea piuttosto frequente. La malattia è contraddistinta da un aumento della curvatura corneale che provoca una deformazione dalla tipica forma a “cono”, con conseguente alterazione della rifrazione della luce e l’insorgenza di problematiche e difetti della vista. Tra le opzioni terapeutiche in tempi recenti si è imposta la tecnica del cross-linking corneale, che taglia una traguardo rilevante con la pubblicazione sulla rivista scientifica Ophthalmology dei risultati di un trial clinico a cui ha preso parte anche il dott. Marco Lombardo, dello Studio Italiano di Oftalmologia di Roma.

Il cross-linking (CXCL) consiste nell’applicazione sulla cornea di un collirio a base di riboflavina a cui fa seguito l’irradiazione con una luce ultravioletta, allo scopo di irrigidire il tessuto corneale - che nella malattia tende a perdere consistenza e allungarsi. Di che cosa sia e come funzioni il cross-linking corneale si era occupato circa due anni fa proprio il dottor Lombardo, descrivendo la teranostica, un approccio che combina la diagnostica per immagini e la cura della cornea malata; grazie a un dispositivo di propria ideazione, che permette una valutazione dinamica della concentrazione di riboflavina nella cornea, l’oftalmologo ottiene indicazioni preziose in merito all’efficacia del trattamento, a tutto vantaggio dei pazienti.

Lo studio ARGO è stato progettato per valutare se la concentrazione di riboflavina nella cornea e la sua fotoattivazione mediata dalla luce UV-A siano in grado di influenzare il trattamento del cheratocono; in particolare, è stato confrontato l’utilizzo combinato del punteggio derivante dalla riboflavina e lo score teranostico, quali marcatori del processo calcolati in tempo reale dal dispositivo medico sperimentale al fine di prevedere l’efficacia del trattamento di CXCL nell’arresto della progressione del cheratocono.

In questo trial multicentrico (vi hanno preso parte i centri universitari di Catanzaro, Firenze e Messina) sono stai arruolati 50 pazienti tra i 18 e i 40 anni con una forma progressiva di cheratocono, a cui è stato somministrato il trattamento a livello di un occhio - l’interessamento corneale di solito è unilaterale e diventa bilaterale solo negli stadi più avanzati. Tutti sono stati monitorati nel tempo e riesaminati a distanza di una settimana, poi di 1 mese e, successivamente, a 3, 6 e 12 mesi. Secondo quanto è stato portato in evidenza dai ricercatori, lo strumento sottoposto a valutazione ha permesso di curare il cheratocono e predire l’efficacia terapeutica del trattamento per arrestare la progressione di questa patologia degenerativa della cornea con il 91% di accuratezza ed il 95% di precisione. Si tratta di uno splendido esempio della possibilità di ricorrere al paradigma della medicina predittiva e di precisione in oftalmologia per una malattia la cui unica speranza di cura, fino ad oggi, era data dal trapianto di cornea.

“Questo risultato non è solo il riconoscimento dell’impegno collettivo di scienziati, ingegneri, medici e pazienti che hanno partecipato al trial - tutto made in Italy - ma anche un significativo passo avanti nel migliorare le prospettive di cura per i pazienti affetti da cheratocono in tutto il mondo”, commenta entusiasta Lombardo, a cui si deve la paternità dell’innovazione terapeutica. Un tale accurato approccio capace di predire il beneficio terapeutico del trattamento a base di cross-linking corneale non può che avere un impatto positivo sulla funzionalità visiva e sulla qualità di vita dei malati - i quali, nella maggior parte dei casi, sono costituiti da giovani ancora in età lavorativa - restituendo loro una buona qualità di vita.

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