L’Humanitas Cancer Center conclude il protocollo che ha valutato l’efficacia della lenalidomide come opzione terapeutica per la malattia rara.
ROZZANO - E’ talmente rara che anche nella letteratura scientifica, bacino di utenza per medici e specialisti, sono pochi gli studi che la descrivono, ancor meno quelli che sperimentano nuovi trattamenti. A dare un contributo significativo alle scarse conoscenze sulla sindrome di POEMS (acronimo per Polyneuropathy, Organomegaly, Endocrinopathy, Monoclonal gammopathy and Skin changes) è lo studio condotto dagli ematologi e neurologi dall’Humanitas Cancer Center di Rozzano che ha valutato l’efficacia della lenalidomide su 18 pazienti. Avviato nel 2010 e giunto alla fase conclusiva, quello italiano è l’unico protocollo attivo per questa malattia a livello europeo e potrebbe aprire la strada a nuovi percorsi terapeutici per i pochi casi finora diagnosticati.
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CHE COS’E’ LA POEMS?
Secondo le stime epidemiologiche la sindrome di POEMS inciderebbe sulla popolazione con un caso su 1 milione, ma è possibile che ad ammalarsi siano molti più individui, senza diagnosi né terapie adeguate per la scarsa conoscenza della patologia anche tra il personale sanitario. A rendere poco riconoscibile la sindrome è la varietà di manifestazioni cliniche che, prese singolarmente, possono però essere ricondotte ad altre malattie. In genere, il primo segnale è neurologico: il paziente inizia ad avere difficoltà nei movimenti, soprattutto a livello degli arti inferiori, con progressivo peggioramento che può condurre, in taluni casi, a disabilità parziale e semi-totale. A questi sintomi si associano alterazioni endocrinologiche, manifestazioni cutanee, come arrossamento e angiomi, e difetti ematologici, con un aumento delle piastrine e dei globuli rossi, edemi alle caviglie e versamenti pleurici. La sindrome di POEMS colpisce in più distretti (è una malattia multisistemica) e all’esordio si presenta con un quadro clinico talmente sfumato da rimanere nascosta. Cosa c’è alla base della malattia? Non se ne conoscono ancora le cause, ma un anomalo aumento di VEGF, fattore di crescita endoteliale, riscontrato nel siero del sangue dei pazienti, sembra avere un ruolo determinante. “Questa molecola è in grado di modificare la vascolarizzazione, la neoangiogenesi e la permeabilità dei vasi. Sembra che funzioni come un interruttore in grado di accendere la malattia. Non sappiamo però che cosa produca l’eccesso di VEGF” – spiega Andrea Nozza, ematologo dell’Humanitas Cancer Center.
La terapia di elezione per la sindrome di POEMS è il trapianto autologo di cellule staminali, che ha dimostrato di indurre una remissione dei sintomi e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Il trapianto non è però un’opzione terapeutica accessibile a tutti: è necessario che i pazienti siano in buone condizioni generali e che non ci siano già dei versamenti pleurici o cardiaci, oltre che poter affrontare senza rischi la procedura di raccolta e reimpianto di cellule staminali. Per chi non è eleggibile al trapianto, sono disponibili farmaci utilizzati nel trattamento di altre patologie dalle caratteristiche simili, come il mieloma multiplo.
LO STUDIO
La sindrome di POEMS presenta dei tratti comuni al mieloma multiplo, anch’esso caratterizzato da un deficit ematologico, ed è presto chiaro il motivo per cui alcuni farmaci possano essere efficaci in entrambe le malattie. Dei trattamenti ‘presi in prestito’ al mieloma multiplo, quello con lenalidomide è il più promettente. A confermarlo i risultati dello studio italiano di fase II, open label, che ha valutato l’efficacia del trattamento con lenalidomide in associazione con desametasone, un corticosteroide. Al protocollo hanno partecipato 18 pazienti con sindrome di POEMS, senza benefici dai trattamenti standard oppure non eleggibili al trapianto. Prosegue Nozza: “Abbiamo ottenuto una risposta molto rapida nei pazienti e già dai primi mesi di trattamento è stato osservato un miglioramento del quadro clinico, con miglioramento della polineuropatia, riduzione degli arrossamenti cutanei e scomparsa della componente monoclonale. In alcuni casi abbiamo ottenuto risultati molto evidenti: ad esempio un paziente che a inizio trattamento era allettato e in ossigenoterapia, oggi dopo tre anni viene a fare la terapia in ambulatorio senza nemmeno le stampelle”. Lo studio non è ancora pubblicato e la lenalidomide non è ancora un trattamento approvato anche per la sindrome di POEMS, ma i risultati positivi preannunciano ulteriori passi in futuro. “E’ da mettere a punto il dosaggio della terapia. In questo protocollo abbiamo somministrato il farmaco in modo continuativo, grazie al fatto che non è neurotossico, ma la rapida risposta riscontrata ci fa credere che si possa variare la terapia. Il futuro potrebbe essere una fase di induzione con lenalidomide e desametasone, con successiva raccolta di staminali e trapianto autologo, con una terapia di mantenimento per 1-2 anni”, conclude.