Nato come una raccolta di riflessioni e ricordi personali, il libro di Anna Claudia Cartoni ripercorre molte esperienze comuni tra i genitori di ragazzi con disabilità
Una diagnosi prenatale di onfalocele, l’esperienza ospedaliera, la vita in un reparto di terapia intensiva tra un’operazione chirurgica e l’altra, il confronto serrato con i medici, le amicizie con altri genitori e poi la vita fuori dall’ospedale che, a lungo, per la piccola Irene e la sua famiglia, è stato una casa più della vera casa. Ma anche l’incontro con il mondo della disabilità come luogo fatto non soltanto di dolore e di battaglie per superare le tante barriere disseminate lungo il percorso, da quelle architettoniche a quelle culturali, ma anche costellato di valori umani profondi e, qualche volta, di spazi di felicità. È questo e molto di più “Irene sta carina, una vita a metà”, volume scritto per le edizioni Harpo da Anna Claudia Cartoni, una mamma che ha atteso la propria bambina giorno e notte mentre combatteva per sopravvivere in terapia intensiva e che ora la accompagna con tenacia e determinazione nel tentativo di vivere una vita normale nel “mondo degli altri”.
“Sono la mamma di una bambina disabile, ma ai miei occhi Irene è semplicemente mia figlia”, spiega Anna Claudia. “Con questo libro, vorrei che le mie parole giungessero a tutti quelli che sono distanti; a chi non conosce o ha paura della diversità, a chi non si sofferma a pensare perché non ha tempo, a chi fa le leggi senza sforzarsi di ascoltare e capire”.
Attraverso riflessioni e ricordi, il volume ripercorre una storia che comincia ancora prima della nascita della piccola Irene. “Mia figlia è nata con un grande onfalocele già visibile in gravidanza: si tratta di una malformazione della parete addominale con conseguente fuoriuscita dei principali organi dell’addome”, racconta a OMaR Anna Claudia, nella vita tecnico federale di ginnastica artistica. “Come se non bastasse, Irene è nata prematura, con conseguenti problemi respiratori che hanno richiesto una ventilazione meccanica prolungata. Nei primi due mesi di vita sono stati necessari numerosi interventi di ricostruzione, per riposizionare gli organi all’interno dell’addome. L’onfalocele ha causato, inoltre, il mancato sviluppo di un polmone e quindi un’insufficienza respiratoria che, a dieci mesi, ha provocato un arresto cardiaco. Da qui la disabilità e tutto quanto ne è seguito”.
Irene oggi ha 16 anni, ma il libro che parla di lei nasce nei suoi primi mesi, quando la mamma Anna Claudia decide di tenere traccia dei suoi primi difficilissimi momenti di vita sulle pagine di un quadernetto giallo, perché un giorno, da adolescente, sua figlia potesse comprendere le ragioni delle cicatrici che le segnano il corpo e le complesse decisioni che i suoi genitori si sono trovati costretti a prendere. A un certo punto, però, le lesioni cerebrali riportate in seguito all’arresto cardiaco complicano ulteriormente un quadro clinico già complesso: Anna Claudia si rende improvvisamente conto che Irene non sarà mai in grado di leggere il diario che sta scrivendo per lei ma, incoraggiata da alcuni amici, decide comunque di andare avanti. Se non servirà a Irene, mettere il suo vissuto nero su bianco potrà essere utile ad altri, soprattutto ai tanti genitori che, come Anna Claudia, si trovano a confrontarsi con l’imprevedibile esperienza della disabilità di un figlio.
“La mia vita scorre su un binario parallelo a quella degli altri, ma a un passo più lento”, racconta l’autrice a proposito dei primi due anni di vita di sua figlia. “Richiede riflessioni sul senso della vita e sulla sofferenza, soprattutto per quanto concerne quegli aspetti che solo da poco l’umanità sta sperimentando. Scienza e tecnica oggi possono spingere gli eventi in territori inesplorati e far assumere perfino alla vita e alla morte una connotazione a cui, evidentemente, non siamo preparati”. Poi, una volta terminata la fase ospedaliera, Anna Claudia si ritrova catapultata in quello che è ormai diventato “il mondo degli altri”. La sua vita non è più quella di prima, vede tutto con occhi diversi, che faticano ad adattarsi alla cosiddetta “normalità”. “Mi sento una mamma diversa da tutte le altre – spiega – impegnata a comprendere quale possa essere il mondo di una figlia che non possiede la parola, intenta a capire le sue necessità soprattutto attraverso un linguaggio non verbale, fatto di segnali impercettibili. Una mamma che deve fare i conti con speranze frustrate, angosce, diritti negati e rimpianti, senza però nessuna commiserazione, recriminazione o rancore”. Ma anche una mamma che, attraverso la sua bambina, conosce un mondo nuovo, fatto sì di battaglie e di angosce, ma anche ricco di umanità e momenti sereni.
Pubblicato su finire dello scorso anno, il volume si è diffuso soprattutto grazie al passa parola. “In molti si sono ritrovati nelle emozioni che ho espresso e nelle battaglie che ho descritto – racconta ancora l’autrice – ma ha avuto anche un buon riscontro da parte di chi non conosce affatto il contesto della disabilità e che, proprio grazie a questo diario, ha conosciuto cose di cui non sospettava l’esistenza, sentendosi chiamato a riflettere su temi che non erano mai stati posti alla sua attenzione. Ovviamente non penso di cambiare il mondo con il mio libro – conclude Anna Claudia – ma sono felice che il mio racconto sia riuscito a suscitare riflessioni e interrogativi anche al di fuori della cerchia dei familiari e dei genitori delle persone con disabilità”.