“La nostra è una patologia invalidante e non è a ‘tempo determinato’. Chiediamo alle Istituzioni che venga riconosciuta a livello nazionale”
Immaginate di essere affetti da una malattia cronica invalidante che, oltre ad avere un impatto quotidiano devastante dal punto di vista fisico, psicologico e sociale, vi costringe a numerosi e frequenti interventi e a dover assumere spesso antibiotici per scongiurare il peggio, come brutte infezioni e setticemia. Immaginate di dover pagare il tutto di tasca vostra perché dopo due anni di esenzione temporanea vi dicono che questa non è più rinnovabile: “oltre il danno, la beffa”, si direbbe comunemente. Purtroppo questo “gioco d’immaginazione” è la triste realtà di Valeria, Federica e di tante altre persone affette da idrosadenite suppurativa, una malattia infiammatoria cronica cicatriziale associata ad un’infezione batterica dei follicoli delle ghiandole apocrine, che si caratterizza con lo sviluppo di noduli cutanei simili a cisti e foruncoli intorno alle pieghe ascellari, nella zona ano-genitale, sull’inguine e sull’interno delle cosce. La prevalenza è stimata tra l’1% e il 4% della popolazione in generale (Garg et al, 2017, Ingram et al, 2018), ma la sua incidenza è aumentata fino a 11,4 % per 100.000.
Valeria e Federica, entrambe piemontesi, stanche di veder loro negato il diritto ad un’esenzione per patologia, hanno deciso di unire le forze e di denunciare questa situazione, lanciando un appello al mondo politico, sanitario e istituzionale, che però nessuno ha raccolto.
“Ho 38 anni – spiega Valeria - e soffro di questa patologia da 15. Ho subito numerosi interventi invalidanti, prima alle ascelle e poi all’inguine (quest’ultimo però con scarsissimi risultati), che mi hanno portata a rimanere assente dal lavoro e priva di autonomia motoria tante volte, nel caso più grave per un mese intero. Dal punto di vista fisico è una patologia estremamente invalidante, anche trasportare una valigia a volte mi crea dolore. E anche dal punto di vista psicologico, la vergogna nell’avere tutti questi noduli cutanei e ascessi ti portano all’isolamento sociale, a chiuderti in casa e a non voler farti vedere da nessuno. Infatti anche la sfera sessuale è problematica, per anni sono stata sola, con il mio dolore perenne.”
“Recentemente – spiega Valeria – mi hanno proposto una terapia laser, ma costa 150 euro a seduta, che va fatta ogni 10-15 giorni e non è rimborsabile. Questo perché mi hanno tolto l’esenzione. Per due anni la Regione Piemonte me l’ha concessa ma ora che il 6 marzo è scaduta, mi è stata negata. Il CMID - Centro di Coordinamento Rete Interregionale per le Malattie Rare del Piemonte e della Valle d'Aosta dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino si è giustificato rispondendomi, via email, che a livello nazionale l'idrosadenite suppurativa non è stata ancora inserita nell'elenco delle malattie rare e che ad oggi, dunque, non è possibile rilasciare ulteriori esenzioni, aggiungendo che l'esenzione per la sindrome in oggetto verrà discussa a livello Nazionale prossimamente. A quanto pare c’è una proposta di Legge (la n. 1552) ferma da anni, che aspetta solo di essere approvato, ma nel frattempo? Noi abbiamo numerosi esami da pagare, visite, medicazioni, farmaci e antibiotici… viviamo di antidolorifici e antiinfiammatori! Per non parlare dei permessi al lavoro: pur avendo fortunatamente un contratto a tempo indeterminato è problematico chiedere così spesso dei periodi di malattia, anche perché io non ho il riconoscimento d’invalidità”.
Il riconoscimento d’invalidità ce l’ha invece Federica, 47 anni, ma solo perché si sottopone alla terapia biologica.
“Anche per me l’odissea è cominciata da giovane”, racconta Federica. “Ho iniziato a stare male a 14 anni, mia mamma mi portava dai dermatologi per continui ascessi alle ascelle e al pube, mi diagnosticavano delle cisti e mi incidevano. Ho ricevuto la diagnosi solo due anni fa, a Pinerolo. Anche per me la malattia è estremamente invalidante, basti pensare che non riesco a muovere le braccia, da entrambe le ascelle esce spesso pus, e non sono nemmeno libera di vestirmi come voglio, perché sono costretta ad indossare solo magliette di cotone bianco. Non posso portare nemmeno il reggiseno perché mi provoca le cisti. E prima del ciclo mestruale o durante l’ovulazione sto ancora peggio, mi si sviluppano i noduli”.
“Dopo antibiotici e vari farmaci – prosegue Federica - ho cominciato ogni settimana a sottopormi alla terapia biologica di immunosoppressione. Solo per questo motivo mi è stata concessa la 104, con rinnovo annuale. Prima sono dovuta ricorrere ad un’assicurazione privata per poter sottopormi alle numerose operazioni ma non valeva per ulteriori nuovi interventi in caso di recidive. La mia è un’invalidità del 46%, ma non mi serve a tanto, se non per essere assunta come categoria protetta. La malattia non mi viene pagata e dopo 6 mesi di malattia prendo uno stipendio ridotto al 60%. Anche a me hanno negato il rinnovo dell’esenzione temporanea, e adesso pagarmi tutti gli esami e le medicine di tasca mia è un problema!”
“Già patiamo le pene dell’inferno – conclude Valeria - e in più ci vengono svuotati i portafogli. L’idrosadenite suppurativa ti rende comunque invalido, ci sono giorni in cui non riusciamo a lavorare o in cui non possiamo stare seduti. Abbiamo bisogno di una tutela lavorativa! Alle Istituzioni chiediamo di darci l’esenzione che ci spetta, perché dopo due anni non è più rinnovabile? Perché non può esserci data per sempre? Non è una malattia a tempo determinato, dalla quale si guarisce. E nessuno ci aiuta, siamo abbandonati a noi stessi”.
La situazione viene confermata anche da Giusy Pintori, coordinatrice di una community di 6mila pazienti dermatologici che afferisce alla testata giornalista La Pelle Si Cura.
“Le problematiche descritte dalle due pazienti piemontesi – conferma Giusy Pintori - sono comuni a tutta Italia, purtroppo. Non siamo mai riusciti ad ottenere il riconoscimento della patologia e non abbiamo mai ottenuto una risposta concreta da parte delle Istituzioni. Ora, in epoca di pandemia, si è presentato un ulteriore problema: i pazienti con idrosadenite suppurativa non sono riconosciuti come categoria fragile e quindi non hanno alcuna priorità vaccinale, al contrario dei pazienti con psoriasi. Nel 2016 l’On. Laura Bianconi ha presentato un’interpellanza parlamentare per valutare l'istituzione di un “tavolo” tecnico sulla patologia, ma non ha avuto alcuna risposta. Stesso esito per la Proposta di Legge 1552 presentata nel gennaio 2019 dall’On. Maria Teresa Bellucci. E’ necessario che la comunità scientifica si unisca a quella dei pazienti per ottenere il riconoscimento della patologia e dei diritti fondamentali”.