Quando François Barthes ed Émilie Lapointe hanno notato che il piccolo Xavier, all'età di circa 12 mesi, non era in grado di sedersi, strisciare o sgambettare come i suoi coetanei, si sono resi conto che qualcosa non andava. Sono dovuti trascorrere sei anni prima che la coppia riuscisse ad ottenere una risposta sulla condizione che stava compromettendo la salute del loro figlio. Durante una regolare visita presso il Montreal Children's Hospital, a Xavier è stata diagnosticata una forma di leucodistrofia dalla neurologa pediatrica Geneviève Bernard. “La diagnosi ha rappresentato uno shock terribile”, ha raccontato Barthes ai giornalisti del Montreal Gazette.
Con il termine di leucodistrofia ci si riferisce ad una serie di rare malattie genetiche che provocano una progressiva degenerazione della materia bianca cerebrale dovuta alla perdita della guaina mielinica che riveste e protegge le fibre nervose. La leucodistrofia è una condizione attualmente incurabile, e i bambini che ne sono affetti riescono raramente a superare la loro adolescenza. Ad oggi, sono stati identificati circa 20 tipi di leucodistrofie, ma altre forme restano tuttora sconosciute.
Un team di ricercatori canadesi ha condotto uno studio internazionale, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, in cui è stata identificata una specifica mutazione del gene POLR1C che sembra essere all'origine della cosiddetta 'leucodistrofia 4H', la forma di patologia che ha colpito Xavier.
“La scoperta ha contribuito a chiarire come tale mutazione danneggi il DNA causando una sorta di 'problema di assemblaggio interno' che finisce per ostacolare la funzionalità cellulare”, ha spiegato il dott. Benoit Coulombe, uno dei principali autori dello studio insieme alla dott.ssa Bernard. “Tutto ciò non è però sufficiente, perché ancora non conosciamo il modo in cui la malattia si stabilisca ma soltanto la direzione che possiamo seguire per lo sviluppo di strumenti diagnostici e potenziali strategie terapeutiche".
Xavier e i suoi genitori si incontrano con la dott.ssa Bernard ogni tre mesi. “Molto probabilmente, le famiglie che partecipano alla ricerca attuale non potranno beneficiare dei risultati. Tuttavia, anche se al momento non esiste una cura, c'è ancora molto che possiamo fare. Ecco perché è importante parlare con le famiglie circa le loro preoccupazioni e la loro aspettativa di vita. Anche se provo tristezza per la condizione che devono affrontare, sono felice di prendermi cura di loro", chiarisce la dott.ssa Bernard.
I genitori di Xavier raccontano come la rarità della sua patologia li faccia sentire terribilmente isolati. "Le nostre visite periodiche con la dott.ssa Bernard rappresentano momenti terapeutici per noi, poiché non conosciamo nessun'altra famiglia colpita da questa malattia”, afferma François Barthes. ”Siamo pronti a partecipare alla ricerca”, aggiunge sua moglie. “Anche se per noi è troppo tardi, questo studio potrà essere d'aiuto per altre persone”.