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Martina ha 27 anni e vive a Napoli. E’ una studentessa di architettura, con molte passioni: i viaggi, la storia e la pallavolo. Apparentemente una giovane normale, insomma, ma che dalla nascita deve fare i conti con problemi di salute molto seri. Ancora in fasce, infatti, viene sottoposta a una derotazione dell’intestino. Va tutto liscio fino ai vent’anni: nel 2007 comincia il calvario e il reparto di medicina interna diventa il suo domicilio. Martina subisce quattro operazioni e, dopo una tregua tra il 2011 e 2014, l’anno scorso riceve una diagnosi di distensione addominale con versamento. Al policlinico universitario Gemelli di Roma le viene prescritta una terapia antibiotica a base di coprofloxacina ma, una volta sospesa il versamento si ripresenta, e in modo abbondante. Un versamento di cui non si conosce ancora l’origine con certezza.

La storia di Martina la riporta il Corriere del Mezzogiorno, in un articolo a firma di Nino Femiani.
“Ho cercato di riannodare le cose interrotte, come gli studi o la pallavolo. A fatica: l’uso prolungato di queste pillole mi procura un indebolimento dei tendini”, racconta al giornale. Non vuole arrendersi a quella situazione di cui nessuno conosce l’origine. “Alla luce dei referti disponibili, non è possibile definire un’origine certa del versamento ascitico”, scrive il professor Maurizio Pompili del Gemelli.

Le pillole, purtroppo, sono un rimedio temporaneo, infatti appena si sospendono ecco che il liquido si addensa nelle sacche addominali. Come se non bastasse Martina tutti i mesi si deve sottoporre ad esami per capire l’evoluzione del suo male e stabilire la sua reale condizione di salute. Esami che finora la famiglia ha pagato con i propri risparmi, perché lo Stato e la Asl se ne lavano le mani, non le riconoscono neppure il ticket: perché la sua non è una malattia rara ma è una malattia – la sclerosi peritoneale con trasudorazione cronica – “unica”, che in Italia colpisce solo quattro-cinque persone.

Insomma, con una malattia “unica” non spetta nulla, neppure uno sconto. Il professor Pompili nel settembre 2015, prova a cambiare la situazione, richiedendo il diritto all’esenzione del costo (ticket) delle prestazioni sanitarie correlate, trattandosi di una patologia rara ad andamento cronico e invalidante, ma quando Martina si reca all’ufficio esenzioni dell’Asl Napoli 1 le viene risposto che il ticket se lo deve pagare. Perché, appunto, la sua non è una malattia rara, bensì una patologia unica.

La mamma di Martina non si arrende e scrive al ministero della Salute. La risposta è gentile ma inesorabile: per ottenere il diritto all’esenzione del ticket, la sclerosi peritoneale deve essere inserita in un elenco. E per farlo ci vuole un procedimento estenuante: occorre approvare un apposito provvedimento normativo – un decreto del presidente del Consiglio dei ministri – e i passaggi necessari fino alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale sono numerosi e complessi. Solo quando il decreto sarà modificato, infine, la certificazione di malattia, rilasciata dal medico, potrà essere presentata all’Asl che consegnerà l’attestato di esenzione.

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