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La ragazza ora ha 23 anni ed è gestita dalla famiglia, ‘ma quando non ci saremo più?’ si domandano i genitori

“Quando 23 anni fa nacque la nostra seconda figlia, attribuirono le sue condizioni a una serie di circostanze che sinceramente oggi non ricordiamo o forse abbiamo preferito dimenticare, anche perché in quei primi giorni abbiamo pensato non tanto al problema di nostra figlia, ma a cercare di risolvere il problema. Certo il primo impatto è stato di sconforto totale, sia perché le prime diagnosi la davano per spacciata o al massimo sarebbe vissuta come un vegetale, sia per il tatto non certo delicato per come sono state comunicate. Sia io che mio marito non ci siamo dati per vinti e abbiamo subito cercato una seconda/ terza/quarta opinione c/o ospedali di una città del centro Italia, sino ad arrivare all’età di quattro anni e mezzo alla diagnosi di Sindrome di Prader-Willi, sconosciuta persino a moltissimi medici, figurarsi a noi genitori. Premetto che se la diagnosi fosse stata fatta prima, la qualità di vita di nostra figlia sarebbe ora migliore”.  La diagnosi dunque è arrivata in ritardo, comportando un calvario per la famiglia e danni per la ragazza che avrebbe potuto cominciare prima le terapie necessarie. A raccontare la storia di questa ragazza sono due genitori che hanno mandato la storia al centro nazionale delle malattie rare che lo ha pubblicato nel suo ultimo notiziario. “In tutto questo – raccontano ancora -  non è tanto l’accettazione di quello che tua figlia ha, ma quale sono le sue prospettive e le aspettative che dobbiamo attenderci noi genitori. In queste situazioni viene sempre messa da parte e mai ascoltata a sufficienza, anzi a volte accusata di creare altri problemi al problema. Vogliamo solo dire che oggi la scienza medica ha fatto passi da gigante, prolungando la vita a molti portatori di handicap/ malattie rare, ma perdendo un fondamentale punto di vista La qualità di vita sia del paziente che della famiglia, costretta quest’ultima a doversi annullare in funzione del problema, perché è la famiglia che si deve adeguare al problema e non viceversa, provocando all’interno una serie di scompensi, specialmente se ci sono anche fratelli e sorelle. Diciamo questo perché tutto dovrebbe andare di pari passo, perché alla fine il problema ritorna senza sosta ed esclusivamente a chi ne è colpito in prima persona e poi alla famiglia. Oggi nostra figlia non ha ancora una sua collocazione nella società (non certo per colpa sua o nostra), se non quella della sua famiglia. Ma quando noi non ci saremo più?”.

E’ quest’ultima una domanda che sempre assilla i genitori che hanno figli affette da malattie che ne rendono difficile o impossibile una vita autonoma, che siano rare o che siano, invece, malattie più note e diffuse.

La sindrome di Prader-Willi è una malattia genetica rara caratterizzata da anomalie ipotalamico-pituitarie associate a grave ipotonia nel periodo neonatale e nei primi due anni di vita e alla insorgenza di iperfagia, che esita nel rischio di obesità patologica durante l'infanzia e nell'età adulta, a difficoltà di apprendimento e a disturbi comportamentali o problemi psichiatrici gravi. La malattia colpisce 1/25.000 nati. L'ipotonia grave alla nascita comporta problemi alla deglutizione e all'allattamento e un ritardo dello sviluppo psicomotorio, ma tende a attenuarsi parzialmente con l'età.
Sono state spesso segnalate caratteristiche facciali peculiari (fronte stretta, occhi a mandorla, labbro superiore sottile e bocca rivolta verso il basso) e mani e piedi molto piccoli. Dopo questa fase iniziale, i segni principali sono l'iperfagia e la mancanza di sazietà che causa spesso, nei bambini affetti di circa due anni, obesità grave. In assenza di controlli esterni adeguati, la condizione può peggiorare rapidamente. L'obesità è la causa più importante di morbidità e mortalità dei pazienti. Altre anomalie endocrine correlate contribuiscono a un quadro clinico caratterizzato da bassa statura, deficit dell'ormone della crescita, e sviluppo puberale incompleto. Il deficit cognitivo è estremamente variabile e si associa a difficoltà di apprendimento e a uno sviluppo anomalo del linguaggio, spesso aggravati dai disturbi comportamentali e psicologici.
La malattia è eterogenea dal punto di vista clinico e genetico. È dovuta ad anomalie della regione critica del cromosoma 15 (15q11-q13). Gli esperti concordano che la diagnosi debba basarsi su criteri clinici (i criteri di Holm del 1993, rivisti nel 2001) e essere confermata dalle analisi genetiche. La maggior parte dei casi è sporadica e i casi familiari sono rari; tutte queste informazioni dovrebbero essere fornite dalla consulenza genetica. La presa in carico deve essere globale e multidisciplinare. La diagnosi precoce, la terapia multidisciplinare precoce e la terapia con l'ormone della crescita (GH) hanno migliorato sensibilmente la qualità della vita di questi bambini. Al momento non esistono dati sugli effetti a lungo termine della terapia con GH negli adulti, in particolare circa l'effetto sui disturbi comportamentali e sul grado di autonomia raggiunto. Negli adulti, le complicazioni legate all'obesità e all'autonomia rappresentano i problemi più importanti

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