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Lo studio è stato condotto dal dott. Eugenio Pucci di Macerata

Assumere per due anni il Natalizumab, l'antiinfiammatorio di nuova generazione di Biogen idec, sembra far diminuire il numero di pazienti affetti da sclerosi multipla remittente che va incontro ad  episodi di ricaduta o di aumento della disabilità. E' il risultato principale dello studio sistematico pubblicato nell'ultimo numero de The Cochrane Library e condotto dal dott. Eugenio Pucci dell’ Unità di Neurologia - Ospedale di Macerata.  Natalizumab, normalmente abbreviato NTZ, è un anticorpo monoclonale che inibisce la migrazione dei leucociti attraverso la barriera emato-encefalica, riducendo così l'infiammazione del sistema nervoso centrale, ed è stato approvato in tutto il mondo per il trattamento della sclerosi multipla recidivante-remittente.

La sclerosi multipla (SM) è una malattia che danneggia il sistema nervoso. I sintomi variano in maniera considerevole da individuo a individuo, ma molti sono affetti da una forma recidivante, in cui si sentono bene per un po' di tempo ma poi hanno delle ricadute. Col tempo la malattia tende a evolversi in una  forma di disabilità permanente. Lo scopo di molte terapie è di aumentare il periodo di remissione fra una ricaduta e l'altra e ritardare la progressione della manifestazione vera e propria della malattia più a lungo possibile. Parte del sistema immunitario difensivo coinvolge un tipo di leucocita che si muove attivamente verso le aree interessate dalla malattia o dal danno. Questo movimento causa il rigonfiamento associato all'infiammazione
Il farmaco impedisce dunque che alcuni di questi leucociti passino dai vasi sanguigni al cervello. Dato che la SM è strettamente legata all'infiammazione, la teoria vuole che bloccando questo passaggio sarebbe possibile ridurre i sintomi.
Attraverso l'analisi delle letteratura medica un team di ricercatori attivi in Italia e nel Regno Unito ha scoperto tre test che soddisfacevano i loro criteri di inclusione. Questi test insieme hanno coinvolto oltre duemila pazienti e hanno mostrato che dopo due anni di trattamento, il NTZ ha ridotto del 40 per cento il rischio di incorrere in almeno una nuova recrudescenza della malattia e che il numero di  pazienti con disabilità in progressione si era ridotto del 25 per cento. Anche la scintigrafia celebrale IRM ha mostrato che il NTZ ha ridotto l'attività della malattia.

"Le nostre analisi indicano che NTZ è ben tollerato e sicuro per un periodo fino a due anni" dice il leader dello studio, Eugenleio Pucci, che lavora nell'unità neuorologica di Macerata, Italia. L'uso tuttavia non è semplice e due pazienti durante i test hanno sviluppato una Leucoencefalopatia multifocale progressiva (LMP), una rara e spesso fatale malattia celebrale causata dal virus che si chiama JCV. Non c'erano dati sufficienti nei test originali che provassero un preciso rischio associato con l'NTZ. Tuttavia esistono programmi di sorveglianza in diversi paesi che monitorano eventuali segni di un legame.      
"Diversi fattori fanno pensare a un aumento delle possibilità di insorgenza della LPM, compreso un numero di infusioni di NTZ ricevute da un individuo, se il paziente ha avuto precedenti terapie immunodepressive e se il suo sangue contiene anticorpi contro la JVC," dice Pucci.
Di conseguenza, Pucci e i suoi colleghi ritengono che l'NTZ dovrebbe essere utilizzato solo da neuorologi esperti che operano in centri di cura per la SM che seguono programmi di sorveglianza nazionali o internazionali. A causa dei timori per la sicurezza e il costo considerevole dell'uso dell'NTZ, l'impegno che Pucci intende profondere è rivolto a ulteriori ricerche che dimostrino che quale categoria di malati di SM potrebbero trarre più beneficio dal farmaco.


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