Una popolazione in continua crescita quella delle persone con sclerosi multipla (SM), che conta oggi in Italia circa 114mila uomini e donne che devono convivere ogni giorno con i sintomi di una malattia che induce disabilità progressiva, ma anche con le difficoltà legate ai servizi sanitari e assistenziali. Più di 3.400 sono i nuovi casi che si registrano in un anno, e, la maggior parte delle volte, la diagnosi arriva tra i 20 e i 40 anni. In Italia, il costo sociale medio per persona con SM è di 45mila euro: 5 miliardi di euro all’anno è il costo totale per la sclerosi multipla nel nostro Paese.
A un anno dalla prima edizione, il Barometro della Sclerosi Multipla 2017, lo strumento realizzato da AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) per inquadrare la realtà di questa malattia in Italia, torna a scattare una fotografia di quella che può essere considerata un'emergenza sanitaria e sociale. La SM, infatti, è una condizione che richiede un pieno e specifico riconoscimento all’interno delle politiche di salute, sociali e di inclusione, una specifica strategia strutturata, organica e continua, e l’adozione di politiche e interventi dedicati, tra i quali l'inserimento della SM nel piano di cronicità, l'istituzione dell’Osservatorio Nazionale della SM e il riconoscimento del Registro Italiano della Sclerosi Multipla.
Grazie alla nuova indagine condotta da AISM sulla rete dei Centri clinici dedicati alla patologia, si evidenzia la necessità di garantire a tali centri le risorse sul fronte dell’assistenza. In base all’indagine risulta chiara la carenza di personale dedicato: un solo neurologo può seguire un numero di pazienti che varia dai 141 (nei Centri più piccoli), agli 837 (nei Centri con oltre 1000 pazienti), con il risultato che nel 36% dei Centri per la SM, per avere una prima visita, il tempo di attesa è di un mese o più, e nel 20% la visita d'urgenza non viene fissata prima di una settimana. Il 16% dei Centri, inoltre, ha difficoltà a garantire ai pazienti i nuovi farmaci.
Altrettanto evidente è il fatto che non esista ancora una presa in carico unitaria e integrata dei pazienti: i rapporti tra Centri Clinici e Servizi del territorio sono infatti scarsamente strutturati. Solo 1 centro su 4 dichiara di avere rapporti continuativi con il territorio, mentre il 60% delle persone con SM ritiene che il rapporto sia da migliorare, mentre il 10% ritiene sia completamente da costruire. A oggi, solo 7 Regioni (Sicilia, Veneto, Toscana, Lazio, Emilia Romagna, Puglia, Lombardia) hanno un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) dedicato alla SM. I PDTA aziendali, che 68 Centri Clinici su 129 intervistati dichiarano di avere adottato, appaiono essere essenzialmente centrati sulla dimensione ospedaliera. “Ad oggi la SM rimane una patologia cronica essenzialmente gestita dalla rete dei Centri Clinici, ma per garantire una migliore assistenza è necessario coinvolgere i servizi del territorio. Per questo, AISM chiede che i PDTA vengano adottati in ogni Regione”, dichiara Mario Alberto Battaglia, Presidente di FISM.
A conferma delle difficoltà che le persone con SM e i loro familiari incontrano nella vita di tutti i giorni, il 50% delle persone indica come da potenziare o migliorare i servizi di assistenza domiciliare e il supporto economico. Al secondo posto i servizi di riabilitazione: oltre 1 persona su 2 dichiara che la fisioterapia offerta è insoddisfacente per quantità e/o qualità, analogamente alle altre tipologie di prestazioni riabilitative (terapia occupazionale, logopedia, ecc.). Tutto ciò spinge le persone con SM a sostenere il costo della riabilitazione di tasca propria, soprattutto per quei servizi non offerti dal sistema pubblico. L’area della riabilitazione segna un forte divario tra il Nord e le aree del Centro, del Sud e delle Isole, con differenze che raggiungono i 15 punti percentuali di scarto.
Sul fronte del lavoro, il 48% delle persone con SM in età da lavoro (<65 anni) risulta occupato. Di questi, il 30% circa ha dovuto ridurre le ore di lavoro e il 27% ha cambiato tipo di lavoro. Per il 63% di queste persone, i cambiamenti hanno significato una riduzione del proprio reddito pari a oltre il 30%. Una persona su tre dichiara di aver dovuto lasciare il lavoro a causa della sclerosi multipla; una persona su due evidenzia che i sintomi e le manifestazioni della malattia le hanno impedito di fare il lavoro che avrebbe voluto svolgere o per cui era qualificata; nel 70% dei casi i sintomi e le manifestazioni di malattia hanno comunque reso più difficile lavorare.
In assenza di un sistema strutturato di presa in carico della persona con SM, è la famiglia a dover far fronte: il 43% delle persone con SM dichiara di ricevere ogni giorno assistenza informale da familiari e conviventi nello svolgimento delle attività quotidiane. Oltre il 95% dei caregiver ha dedicato, negli ultimi 3 mesi, tempo libero per assistere la persona con SM, soprattutto per svolgere attività di assistenza personale (78%), di compagnia o di sorveglianza (61%), mediamente per almeno 8 ore al giorno. Circa il 5% dei familiari che si prendono cura di una persona con SM è stato costretto all’abbandono o alla riduzione della propria attività lavorativa. Una persona su cinque paga di tasca propria per l'assistenza personale. Mediamente, per ogni persona con SM si possono stimare in un anno oltre 1.100 ore di assistenza informale da parte di familiari o amici.
“I dati contenuti nel Barometro vogliono sostenere le valutazioni e le scelte sui temi che impattano sulla condizione di vita delle persone con SM: i modelli di presa in carico, l’accesso ai servizi e alle prestazioni, il livello di riconoscimento e attuazione dei diritti fondamentali, la garanzia di risposte per i gravissimi e il valore della ricerca scientifica, traducendo la conoscenza in proposte e risposte concrete per le persone con sclerosi multipla”, sottolinea Angela Martino, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla.