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Milano – Uno studio dei ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, una delle 18 strutture di eccellenza del Gruppo Ospedaliero San Donato, in collaborazione con il Brigham and Women’s Hospital di Boston, ha individuato una particolare variante genetica associata alla risposta all’interferone beta, uno dei farmaci usati nel trattamento della Sclerosi Multipla.

La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Annals of Neurology, è stata coordinata dal dottor Filippo Martinelli Boneschi e dalla dottoressa Federica Esposito, entrambi del Laboratorio di Genetica delle Malattie Neurologiche Complesse dell’Istituto di Neurologia Sperimentale (INSPE) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, e dai dottori De Jager ed Elyaman del Brigham and Women’s Hospital.

I ricercatori hanno preso in esame circa 1000 pazienti italiani, francesi e americani, osservando che l’interferone beta induceva una minore risposta terapeutica nei pazienti dotati di una determinata variante del gene SLC9A9, coinvolto nella regolazione del pH cellulare. Dopo la variante genetica, gli studiosi hanno preso in esame il gene stesso, scoprendo che esso può interferire nell’attivazione delle cellule immunitarie, che svolgono un ruolo importante nella comparsa di malattie infiammatorie come la sclerosi multipla. In particolare, l’inattivazione di questo gene porta le cellule immunitarie a sviluppare con più facilità reazioni avverse.

“Ulteriori studi saranno necessari per confermare i risultati ottenuti in altri gruppi di pazienti, in particolare in pazienti trattati con altri farmaci specifici per la SM, per valutare se l’effetto della variante genetica sia limitato all’interferone beta o sia rilevante anche per altri trattamenti specifici” dichiara il dottor Martinelli Boneschi. “Lo studio che abbiamo portato avanti è un ottimo esempio di ricerca traslazionale, che unisce le competenze dei ricercatori e l’esperienza clinica dei neurologi, obiettivo principale degli scienziati dell’IRCCS Ospedale San Raffaele” continua Martinelli Boneschi.

“Questa scoperta è interessante perché suggerisce come un nuovo meccanismo – la regolazione del pH cellulare – possa essere importante nell’attivazione delle cellule immunitarie nella SM, e il gene coinvolto potrebbe rappresentare un nuovo target per lo sviluppo di farmaci” spiega la dottoressa Esposito. “Questo risultato non è ancora pronto per essere utilizzato in ambito clinico, ma pone le basi per possibili applicazioni future, nell’ambito della cosiddetta medicina personalizzata, volta cioè ad adattare i trattamenti ai singoli pazienti al fine di massimizzare l’effetto terapeutico”, continua la dott.ssa Esposito.
Il lavoro è stato reso possibile grazie al consorzio multicentrico genetico italiano PROGRESSO, al Ministero della Salute Italiano (Progetto Giovani Ricercatori 2007), alla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM) e alle associazioni francesi French MS society Association pour la recherche sur la sclérose en plaques, Club francophone de la SEP e Réseau français pour la génétique de la SEP. Si ringraziano inoltre l’International Multiple Sclerosis Genetics Consortium e il Wellcome Trust Case Control Consortium 2.

 

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