In Italia, i tumori della testa e del collo rappresentano circa il 5% di tutti i tumori maligni, al quinto posto tra i più frequenti. Sono circa 12mila i casi che vengono diagnosticati ogni anno, con un tasso di incidenza pari a 17 nuovi casi per 100mila abitanti l’anno. Entro il 2030, in Italia, tra coloro che sono affetti da tumore testa-collo, uno su due sarà over 65. Numeri non sorprendenti se si pensa che già oggi una persona su tre tra chi è colpito da questo tumore ha superato i 65 anni. Una tendenza che si mischia con l’invecchiamento della popolazione italiana, che già oggi, su circa 60 milioni di persone, conta 10 milioni di anziani.
Di tutto ciò si è parlato martedì 19 dicembre a Milano, presso la Fondazione IRCCS – Istituto Nazionale dei Tumori, in occasione del seminario “Il paziente anziano: le sfide di un approccio multidisciplinare e il tumore testa-collo”, organizzato dalla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, in collaborazione con la Fondazione don Gnocchi di Milano e gli Spedali Civili di Brescia, con la supervisione scientifica della prof.ssa Lisa Licitra e del dr Paolo Bossi e il patrocinio di diverse società scientifiche italiane.
Per tumori testa–collo si intendono l’insieme di neoplasie che hanno origine nelle cavità nasali e nei seni paranasali, nella faringe, nella cavità orale, nella laringe e nelle ghiandole salivari. Il più frequente, circa un caso su due, riguarda la laringe, seguito da quello del cavo orale e della faringe. Il 90% di questi tumori sono carcinomi spinocellulari; la restante parte, invece, riguarda melanomi, sarcomi, linfomi e altri tipi di tumore.
“Queste malattie interessano soprattutto il cavo orale, faringe o faringe/laringe, e riguardano una popolazione sempre più adulta, sopra i 65 anni”, spiega Paolo Bossi, SC Oncologia Medica 3 Tumori Testa-Collo e Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori. “La popolazione più soggetta a rischio è quella che beve alcol e fuma, ma ultimamente si è evidenziata anche un’epidemia legata al virus del papilloma”.
In Italia, solo un malato su due riesce a sopravvivere a 5 anni dalla diagnosi, ovviamente a seconda dello stadio di malattia riconosciuto e dalla tardività della diagnosi stessa. La regione maggiormente colpita risulta il Veneto: circa 50 casi per 100 mila tra gli uomini e 8 per 100 mila tra le donne. A livello nazionale, a rischiare di più sono gli uomini, che si ammalano 7 volte più spesso rispetto alle donne. La fascia di età più colpita è quella tra i 50 e i 70 anni, ma i tumori delle ghiandole salivari e i sarcomi colpiscono in età più precoce.
I sintomi più frequenti sono dolore persistente alla gola, difficoltà nel deglutire, raucedine o cambiamenti di voce, dolore all’orecchio e sanguinamento. Se tali condizioni dovessero presentarsi in maniera assidua per due settimane, si consiglia di richiedere al più presto alcuni esami specifici, avendo accesso a una visita otorinolaringoiatrica. A seguire, verranno poi effettuati eventuali altri esami, quali, risonanza magnetica, TAC o PET.
“L’approccio alla diagnosi e al trattamento di questa malattia - dichiara Paolo Bossi - nei prossimi anni richiederà sempre di più una valutazione medica multidisciplinare, con una stretta collaborazione tra oncologi, radioterapisti e chirurghi, in modo da decidere la terapia in base ai trattamenti disponibili, allo stadio di malattia, alle condizioni cliniche del singolo paziente. La presenza chiave della figura del geriatra, in supporto, permetterà di disegnare e personalizzare le terapie per i pazienti anziani, di gestire meglio il recupero dopo il trattamento. Un approccio multidisciplinare garantisce, ad ogni modo, risultati migliori e più efficaci, sia da un punto di vista temporale che qualitativo”.
Il paziente anziano con tumore del distretto testa-collo ha una sopravvivenza più ridotta rispetto al giovane. Non è chiaro, però, se questo sia dovuto alla fragilità generale nell’età anziana, alla impossibilità di effettuare le migliori terapie, ad una tendenza del medico a ridurre l’intensità delle cure per il rischio di effetti collaterali, alle maggiori complicanze o alle altre patologie di cui soffre la persona anziana. In generale, nella popolazione sopra i 70 anni l’intensificazione delle cure con strategie di radioterapia massimali o con l’aggiunta di farmaci chemioterapici o biologici sembra non avere lo stesso effetto che nei giovani. D’altra parte, è probabile che la vera questione stia nella selezione del paziente che può ricevere questi trattamenti. Per questo è cruciale la valutazione di un gruppo multidisciplinare di specialisti, che possa permettere la scelta del trattamento migliore dalla prima visita.
Oltre a essere una delle principali cause della malattia, il fumo, continuato durante le terapie, è anche un fattore che riduce le probabilità di cura. Secondo lo studio della Saint Louis University School of Medicine, coloro che fumavano al momento della diagnosi avevano il doppio delle probabilità di morire rispetto ai non fumatori. Analogo il discorso di chi faceva uso di alcolici: per loro le probabilità di decesso erano maggiori del 68%. Inoltre l’equipe ha sottolineato come le persone non sposate presentassero l’87% di probabilità in più di morire.
“Anche il papilloma virus gioca un ruolo fondamentale, avendo modificato negli ultimi venti anni l’epidemiologia stessa della malattia”, spiega Paolo Bossi. “Sappiamo per certo che i tumori legati al papilloma virus tenderanno a crescere per almeno altri 20-30 anni. Poi è possibile che si possano verificare gli effetti benefici della vaccinazione anti-papilloma, sempre che possa raggiungere una copertura vaccinale adeguata. Se così fosse, si potrebbe prevedere, per il 2040, un calo di questo tipo di malattie. Si tratta però di scenari solo ipotizzabili, su cui possono intervenire molte variabili”.