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Secondo gli autori i pazienti non devono sottoporsi al trapianto di cellule staminali fino a quando persiste una risposta citogenetica al farmaco

Imatinib, inibitore della tirosin-chinasi, ha migliorato notevolmente la sopravvivenza dei pazienti con leucemia mieloide cronica trattati senza successo con interferone. Lo dimostrano i risultati di follow-up a lungo termine di uno studio dell’Anderson Cancer Center di Houston, appena pubblicati su Cancer e riportati dalla rivista Pharmastar. Secondo quanto riportato dallo studio la sopravvivenza a 10 anni dal trattamento con Imatinib di 368 pazienti che precedentemente non avevano risposto all'interferone-alfa, è stata del 68 per cento. La sopravvivenza libera da progressione (PFS)è stata del 67 per cento e la sopravvivenza libera da eventi (EFS) del 51 per cento.

Prima della comparsa di imatinib sulla scena terapeutica, avvenuta circa 20 anni fa, la mediana della sopravvivenza per i pazienti con leucemia mieloide cronica era solo di 3-6 anni e le uniche opzioni terapeutiche erano l’interferone-alfa o il trapianto allogenico di cellule staminali.
L'equipe del centro texano, guidata Hagop Kantarjian, ha seguito il proprio gruppo  di pazienti per oltre un decennio, evidenziando risultati decisamente positivi. Le risposte sono state classificate in base al numero di globuli bianchi rimasti positivi per il cromosoma Philadelphia, un marker diagnostico della leucemia mieloide cronica.

Gli autori hanno considerato una  risposta citogenetica completa l’assenza di cellule positive, e una risposta maggiore la presenza di non più del 35 per cento di cellule positive. L’età mediana dei pazienti era di 54 anni e un terzo aveva più di 60 anni. In totale i pazienti che hanno mostrato una risposta citogenetica completa sono stati il 67 per cento. In un sottogruppo di pazienti sottoposti ad analisi molecolari, il 63 per cento ha mostrato una risposta molecolare maggiore e il 30% livelli non rilevabili di un’anomalia cromosomica a un certo punto.

A 7 anni, l'incidenza cumulativa della risposta molecolare maggiore è stata del 55 per cento (IC al 95 per cento 45-64), mentre i livelli non rilevabili dell’anomalia cromosomica sono stati osservati in totale nel 35 per cento dei pazienti (IC al 95 per cento 29-42).
Al momento dell’analisi finale si erano verificati 104 decessi e in 39 casi la malattia si è trasformata da cronica a blastica e in 13 in fase accelerata. Tra le altre cause di morte ci sono state malattie cardiovascolari, diabete e incidenti.

Il trattamento è stato interrotto nel 70 per centop dei pazienti e alla fine non ha funzionato in 127 pazienti. La metà di questi ha continuato a essere trattata con un inibitore della tirosin-chinasi di seconda generazione, come nilotinib o dasatinib e, di questi, quasi la metà è stata sottoposta a un secondo ciclo di terapia di salvataggio.
Tra i pazienti trattati con gli inibitori di seconda generazione, la sopravvivenza a 5 anni è risultata del 60 per cento.

Gli autori hanno eseguito inoltre un'analisi multivariata per identificare i fattori di rischio di outcome avversi, identificando, tra questi, l’età superiore ai 60 anni (HR 2,2; P < 0,001), livelli di emoglobina inferiori a 10 g/dl (HR 2,53; P = 0,003), la presenza di blasti nel sangue periferico (HR 2,45; P <0,001), la presenza di basofili nel midollo osseo (HR 1,79; P = 0,02) e l’evoluzione clonale (HR 1,63; P = 0,04). Per i pazienti a basso rischio, che non presentavano nessuno di questi fattori di rischio, la sopravvivenza a 10 anni è stata dell'89 per cento. In presenza di uno o due fattori di rischio, tuttavia, la sopravvivenza a 10 anni è sceso al 58 per cento e con tre o più è risultata solo del 21 per cento.

Secondo gli autori, una delle implicazioni dello studio è che i pazienti non devono sottoporsi al trapianto di cellule staminali fino a quando persiste una risposta citogenetica a imatinib. Inoltre, concludono, la loro analisi rassicura i pazienti che attualmente sono trattati con imatinib e i loro medici curanti sul fatto che sia ragionevole continuare di questa terapia.

Vuoi saperne di più? Consulta la nostra sezione TUMORI RARI.

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