La sperimentazione è stata condotta da Università Bicocca di Milano e San Gerardo di Monza
Due pazienti italiani, di 20 e 26 anni, con poche settimane di vita a causa di una recidiva del linfoma ALK – positivo, conosciuto anche come linfoma anaplasico a grandi cellule - sono stati trattati, mostrando dei migliorament,i utilizzando in via sperimentale una nuova molecola, sviluppata da Pfizer, che inibisce la proteina ALK alla base del linfoma: il Crizonitib. La notizia, riportata nella newsletter di Assobiotec, il gruppo di Federchimica che riunisce le aziende biotecnologiche, si basa su uno studio pubblicato alla fine di febbraio sul “New England Journal of Medicine”, la più autorevole rivista di medicina del mondo. Lo studio è firmato da Carlo Gambacorti Passerini, professore associato di Medicina Interna nel dipartimento di Medicina Clinica e prevenzione dell’Università di Milano-Bicocca, dal professor Enrico Pogliani, direttore dell'Unita di Ematologia dell'Ospedale San Gerardo, e dalla professoressa Cristina Messa, docente di Medicina Nucleare nello stesso Ateneo. I due pazienti, un uomo e una donna, sono i primi al mondo ad essere stati trattati con questo tipo di terapia.
Il gruppo di ricerca della facoltà di medicina dell’Università di Milano-Bicocca, diretto da Gambacorti Passerini, lavora da alcuni anni alla ricerca preclinica su questo tipo di linfoma e ha già prodotto importanti contributi nella conoscenza di questa patologia.
La terapia a base di crizotinib – riporta ancora la notizia pubblicata da Assobiotec - è stata avviata alla fine dello scorso giugno ed è tuttora in corso.
I due pazienti, inizialmente ricoverati presso l’Unità di Ematologia del San Gerardo di Monza e attualmente dimessi, sono “casi estremamente avanzati – ha commentato il professor Enrico Pogliani, direttore del dipartimento di Medicina Clinica e prevenzione dell’Ateneo e dell'Unità di Ematologia –, per i quali vari livelli di chemioterapia, incluso il trapianto autologo di midollo osseo, avevano fallito. All’avvio della terapia la sopravvivenza dei pazienti era stimata in poche settimane”.
La terapia con crizotinib ha evidenziato una risposta soggettiva (scomparsa della febbre, diminuzione o scomparsa dei dolori) già dopo tre/quattro giorni di trattamento, con successiva regressione completa delle lesioni presenti dopo un mese di terapia. I pazienti sono stati dimessi dall'ospedale dopo due/tre settimane e ora continuano a casa la terapia. La somministrazione avviene per via orale due volte al giorno e, al momento è ottimamente tollerata essendo stati riscontrati un episodio di diarrea lieve e un altro di disturbi visivi, entrambi durati meno di dieci giorni. Un paziente ha già raggiunto gli otto mesi di trattamento, il secondo cinque mesi.
”Trattandosi di pazienti con malattia in fase estremamente avanzata – ha detto il professor Gambacorti Passerini - la durata nel lungo periodo non è assicurata. Quello che sicuro, invece, data l'entità della risposta e i risultati molto simili nei pazienti trattati, è l’attività terapeutica molto importante e un minore impatto tossico del crizotinib rispetto ai più tradizionali farmaci citotossici/chemioterapici”.
La rapidità della risposta terapeutica è arrivata anche dai controlli TAC/PET effettuati nelle Unità di Medicina Nucleare e radiologia dirette dalla professoressa Messa e dal dottor Di Lelio. La verifica della terapia sarà ora estesa ad altri sette centri di cura e ricerca italiani mediante uno studio coordinato dal professor Gambacorti Passerini che durerà due anni e coinvolgerà circa 30 pazienti in tutta Italia. “Cinque pazienti in totale hanno iniziato questo trattamento” conclude il professor Gambacorti Passerini.
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